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Cairo: ecco perché non è un golpe

Wael Farouq, intellettuale egiziano e professore dell’American University of Cairo, sconfessa quelli che gridano al colpo di Stato in Egitto. «Gli allarmisti sono proprio quelli che dubitavano degli effetti della Primavera araba»

di Wael Farouq

È sorprendente come i jihadisti, i membri di al-Qaeda e coloro che sono stati condannati per atti di terrorismo nei quali centinaia hanno perso la vita, siano di colpo diventati simboli di democrazia.Il nazismo giunse al governo attraverso elezioni democratiche. Abbiamo pagato un caro prezzo per questa democrazia formale e contraffatta. La democrazia non si riduce solo alle elezioni.

Il Presidente che non rispetta la legge, né il giuramento sulla Costituzione grazie alla quale ha assunto la guida dello Stato, né le promesse fatte agli elettori, non merita di continuare a governare.
Dopo aver constatato che gli islamisti fascisti stavano mantenendo tutti gli strumenti di oppressione e la corruzione dello Stato di Mubarak, falsificando la volontà popolare con il varo di leggi elettorali incostituzionali che non concedevano uguale rappresentanza a tutti i cittadini egiziani, con i numerosi arresti di attivisti e l’intimidazione di oppositori e di giornalisti, gli egiziani hanno chiesto civilmente le elezioni presidenziali anticipate.

Nonostante 22 milioni di firme raccolte, l’unica reazione della Presidenza è stata quella di ignorarle.  
Gli egiziani hanno così invitato tutti a manifestare pacificamente ponendosi come obiettivo quello delle dimissioni del Presidente. Dal canto loro, attraverso i canali televisivi, i terroristi hanno iniziato a minacciare pubblicamente di ucciderli. Hanno quindi chiesto all’esercito e alla polizia di compiere il loro dovere in difesa dei manifestanti pacifici.
Circa 30 milioni di egiziani sono scesi in tutte le strade e tutte le piazze del Paese. I terroristi hanno risposto con atti di  violenza nei loro confronti.  Nonostante i morti e feriti, il Presidente ha ignorato ancora una volta quanto stava succedendo, rifiutandosi di rispondere alle richieste popolari.  
A quel punto è giunto l’appello al jihad. I canali televisivi e i giornali che fanno da pulpito a terroristi come Assem Abdel Magid  ( membro del Al-Gama'at al-Islamiyya un movimento militante islamista egiziano che viene considerato terrorista dagli Stati Uniti d'America, dall'Unione Europea)  hanno invitato a uccidere e “scomunicare” quei milioni di persone che erano scese in strada per chiedere quant’era loro diritto.
In questo contesto, l’intervento militare per fermare il bagno di sangue non mi pare sia un colpo di stato.
Credo che nessuno possa mettere in questione la mia lealtà verso la libertà e la democrazia. Quello che ho scritto nei miei articoli e  detto nelle mie conferenze contro Mubarak fin dal 2005, e contro la Giunta Militare nel periodo tra la destituzione di Mubarak e l’ascesa al governo di Morsi, è testimone delle mie idee e dei miei principi. Essi non sono mai cambiati.
Negli ultimi dieci anni sono stato protagonista, con la scrittura e con il mio corpo, in battaglie pacifiche in difesa della libertà, per la democrazia e per la libertà religiosa e continuo a schierarmi dalla parte di ciò che ritengo giusto.

Nell’agosto del 2012, in una conferenza pubblica del Meeting di Rimini, avevo predetto che il governo dei Fratelli Musulmani non sarebbe durato, profetizzandone la caduta.
Quel giorno fui bersaglio di grande sarcasmo da parte di coloro che avevano accolto la Primavera araba con scetticismo, gemendo e strepitando perché essa si era trasformata in “inverno islamico”. Adesso, invece, quelle stesse persone piangono l’ingannevole democrazia di Al-Qaeda e del terrorismo.

Gli egiziani si sono liberati sia dalla paura della dittatura, sia dalla paura del terrorismo. Non ci sottometteremo mai al terrorismo. I pusillanimi vadano a nascondersi nelle loro tane.
La millenaria civiltà degli egiziani impedirà il riprodursi nella regione di un’altra ondata nazista.
 

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