Mondo

Caino non ha più mercato

«Per combattere la sedia elettrica oggi abbiamo un'arma formidabile:il capitalismo.Non ci si fa un'immagine se non ci si schiera a favore dei diritti civili.

di Walter Mariotti

Facce, razze, nomi, età e reati sono tutti diversi. La sentenza invece è sempre la stessa, uguale, per tutti: condanna a morte. Prima pubblicità del terzo millennio, è l’ultima provocazione di Oliviero Toscani per United Colors of Benetton, la denuncia della pena di morte che ancora impera negli Stati Uniti. Una campagna in puro stile Toscani, che ha schierato la coraggiosa azienda di Treviso una volta di più all’avanguardia, dividendo però la società americana. «Inevitabile. Abbiamo ancora parlato di problemi difficili, sollevando tematiche che, come al solito, nessuna impresa si bada bene dal sollevare».
Perché?
Ma perché è chiaro che in America non tutti sono contrari alla pena di morte, dunque c’è stata una sollevazione perché chi è favorevole vorrebbe un consenso totale o comunque nessun elemento di disturbo, nessuna idea che possa far riflettere su quello che si sta realmente facendo.
È riuscito a provocare un altra volta
Non sono le mie immagini che creano problemi. Le immagini sono la documentazione di una situazione di fatto, che esiste nella realtà di un paese cosiddetto civile.
Eppure la campagna ha sollevato un mare di polemiche..
È un argomento che non si tocca, che nessuno vuole toccare. Solamente Bush parla di pena di morte, perché questo gli fa avere voti. Ma anche lì comincia a diventare un problema, perché comunque sia quando un politico si dice a favore qualcuno se ne va.
Come è nata l’idea di questa campagna?
È nata perché è un grande tema, una battaglia condotta, fra gli altri, dall’Italia che è uno dei paesi più attivi in questa campagna, con suo grande onore.
Come ha convinto Benetton?
Non devo convincere nessuno, tantomeno Benetton. C’è un rapporto di libertà tra noi, e si è liberi quando si dà libertà di espressione.
Una scelta comunque fortissima, che può portare danni ad un’azienda
È chiaro che è una scelta fortissima, ma Benetton è una persona intelligente. Naturalmente tutti hanno paura di perdere consensi, in questo caso clienti, ma penso che così la Benetton uscirà rafforzata, a livello di immagine e di coraggio.
Per aver preso una posizione?
No. Piuttosto per proporre un tema scabroso, che nessuno vuole veramente affrontare perché non è un tema di consumo.
Una pubblicità singolare…
Infatti. La pubblicità cerca solo il consenso, è basata sul consenso. Noi invece cerchiamo di toccare dei temi che sono dei temi umani. Perché il nostro cliente, tanto per utilizzare un linguaggio commerciale, per noi non è soltanto un consumatore ma soprattutto un essere umano, con delle idee, dotato di una sensibilità. Un essere umano che ha bisogno di valutare alcune posizioni, e quindi, anche i prodotti.
Rispetto alle associazioni e organizzazioni umanitarie, ritiene che sia maggiore l’impatto se è un’azienda a fare questo tipo di campagna?
Questo è un punto cruciale. Potrebbe sembrare negativo invece è molto positivo che a fare questa battaglia sia un’azienda, basata sulla produzione e il consumo, in fondo un soggetto capitalista, che si deve confrontare con la produzione e il profitto. Testimoniare con una campagna così che anche un soggetto capitalista che muove prodotti, denaro e interessi si schiera ha una forza straordinaria. È un dato di coraggio e di responsabilità che un’azienda prenda in considerazione un tema così, perché normalmente le aziende non lo fanno, non hanno principi né morali né civili di fronte a niente. Questo trovo veramente disastroso.
In che senso?
Che non si può essere un’azienda moderna senza essere un’entità sociopoliticamente impegnata. Ecco, credo che questo dovrà essere il dovere delle aziende del futuro.
Sembra la realizzazione del vero liberalismo, quello della teoria classica
Certo. È anzi strano che si siano ancora due codici, quello del mercato e quello della morale che stranamente sono in contrasto. Dice sì, è immorale però vende: ma allora è vero, vendere è immorale, produrre è immorale, lavorare è immorale. Allora dobbiamo veramente cominciare a tirare qui le somme, a cercare di riunire i due codici in uno solo. Soprattutto gli americani non possono parlare così perché allora sono veramente scandalosi.
Cosa dovrebbero fare le associazioni della società civile?
Dovrebbero mettere in movimento le grandi aziende, l’economia. Perché è l’economia che crea le crisi, la violenza, la disparità sociale. È lì che bisogna lavorare per una società dove ci sia più giustizia.
E la prossima campagna?
Ho in mente qualcosa sull’informazione.

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