Politica

Cai, discriminazione nel silenzio

di Franco Bomprezzi

Il campanello di allarme era risuonato più volte nei giorni convulsi della trattativa finale per il decollo della nuova compagnia “di bandiera”. Ma una secca e sicura smentita dei vertici di Cai sembrava non ammettere dubbi: la nuova Alitalia avrebbe certamente riassunto i lavoratori disabili che erano nel precedente organico, e comunque avrebbe rispettato le norme di legge, quelle, per capirsi, che prevedono una quota del 7% riservata appunto a lavoratori con disabilità.

Non ci era sfuggita questa preoccupazione e Vita l’aveva raccolta, mentre notizie di questo tipo, si sa, sui giornali non trovano spazio. Adesso la conferma, corredata da un dato ai limiti del grottesco. La fonte è la Regione Lazio, l’assessore al lavoro Alessandra Tibaldi rivela: ““In base alla normativa vigente all’interno delle 7924 persone assunte dalla società nella provincia di Roma vi dovrebbero essere 323 disabili, ossia il 7% dei 4613 dipendenti che formano la base di computo ai fini del collocamento obbligatorio, invece gli invalidi effettivamente assunti sono solo 45. Per questo motivo chiedo ai vertici aziendali di regolarizzare, con la massima urgenza, la situazione occupazionale del personale dipendente”. Prosegue la dichiarazione dell’assessore: “Le inadempienze della Cai in merito alle assunzioni dei disabili sono gravissime ed inaccettabili. Sicuramente non sono in linea con il profilo di un’azienda seria, che ambisce a ricoprire il ruolo di società di bandiera nazionale. La vecchia Alitalia, con cui esiste una continuità di fatto e sostanziale da parte della Cai,  rispettava in pieno  la normativa sulle assunzioni del personale disabile”.

A raccogliere la denuncia ci pensa anche questa volta la Fish, federazione italiana per il superamento dell’handicap: “Al di là degli aspetti etici – si legge in un comunicato – la FISH richiama l’attenzione sulla patente violazione della Legge 68/1999 e chiede l’intervento delle autorità competenti. Ma si riserva anche di valutare eventuali azioni legali e di costituirsi parte civile in giudizio affianco ai lavoratori esclusi dall’assunzione o dalla riassunzione, in base anche alla Legge 67/2006 che reca misure antidiscriminatorie”.

Al di là di ogni giusta considerazione giuridica sono preoccupato per le conseguenze di questa scelta spregiudicata e condotta nel silenzio generale dei sindacati (che adesso sembrano costretti ad accettare qualsiasi cosa). Tecnicamente Cai non è un’azienda in crisi, anzi, aspira a crescere e a consolidarsi, ha un piano finanziario importante, e può contare sull’appoggio della finanza, dell’industria, del governo. Non c’è dunque alcun motivo plausibile per aggirare, o peggio, per stracciare le norme sul collocamento lavorativo delle persone con disabilità. Altrimenti significa che si avalla, consapevolmente, l’idea che un lavoratore disabile è meno produttivo di un altro, ha meno diritti di un altro, può essere espulso dal lavoro nell’interesse generale. Se questo è il pensiero non dichiarato, è meglio renderlo esplicito, così da poterlo combattere a viso aperto, come si deve. E allora si vedrà finalmente come la pensano i responsabili della nostra politica di welfare. Il loro silenzio è totale, almeno fino ad oggi.

In generale ho la netta sensazione che la crisi economica stia già annoverando fra le sue vittime annunciate la legge 68 del 1999. Una legge votata da tutti, magari non perfetta, ma importante e utile, perché per la prima volta fissava il principio del collocamento mirato, la persona giusta al posto giusto. Mi domando che fine hanno fatto i 280 lavoratori disabili non riassunti da Cai: erano tutti falsi invalidi? Qualcuno dovrebbe rispondere, e spiegare. E anche ammesso (penso proprio di no) che sia così: al loro posto dovevano e potevano essere assunti lavoratori disabili in attesa da anni, in liste che non solo non si accorciano, ma anzi si allungano ovunque. Tanto più che le aziende preferiscono di gran lunga pagare le sanzioni modeste previste dalla legge, piuttosto che assumere.

Personalmente non volerò mai più con Alitalia. Almeno fino a quando non sarà un’azienda socialmente responsabile. E invito tutti i viaggiatori disabili a fare altrettanto. Immagino il sorriso: meglio così, una complicazione di meno…


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