Famiglia

Caffo: «ora ci servono operatori più formati»

L'approvazione della Convenzione di Lanzarote dà finalmente più strumenti per avviare indagini giudiziarie. Ma per essere una rivoluzione servono operatori più formati. Perché finora...

di Sara De Carli

Dopo cinque anni e sei passaggi parlamentari, lo scorso 19 settembre il Senato ha definitivamente approvato la Convenzione di Lanzarote (in allegato), sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale. È il decimo paese, sui 41 che l’avevano firmata nel 2007, a ratificarla. Con questa ratifica la pedofilia entra ufficialmente nel Codice penale, con una reclusione per i pedofili (e per chi istighi alla pedofilia e alla detenzione di materiale pedopornografico) che può andare da un anno e mezzo a cinque anni. Diventano reati anche il grooming e il turismo sessuale. Telefono Azzurro, che da 25 anni sta accanto ai bambini per promuoverne i diritti, gestisce la linea 114 Emergenza Infanzia. Il professor Ernesto Caffo, che l’ha fondata, spiega perché questo è un passo avanti tanto importante.


Professore, cosa cambia?
L’elemento centrale è che l’Italia ora entra in una piattaforma di tanti altri Paesi che sempre più hanno strumenti per affrontare in modo operativo un tema complesso e sommerso qual è l’abuso sessuale e la pedofilia. Oggi i bambini si spostano da un Paese all’altro e c’è un mercato legato allo sfruttamento sessuale che spesso avviene attraverso la rete: questo richiede un approccio sempre più internazionale, non è più il singolo Paese ma una rete di Paesi che collaborano insieme. Questo è un aspetto che viene spesso dimenticato, ma oggi qualunque intervento per la tutela dell’infanzia deve essere sviluppato insieme.

Ma tecnicamente che novità ci sono?
Si introduce il reato di pedofilia e tutta una serie di possibilità di intercettare l’autore di certi comportamenti, anche se avvengono sulla rete. È uno dei passi aventi maggiori. Dare un contenuto più chiaro alla “pedofilia” è una cosa essenziale perché avendo un reato definito – e non più qualcosa di generico – aumentano anche le possibilità di identificare le persone e di avviare percorsi di indagine. Polizia e giudici finalmente hanno strumenti molto più efficaci ed agili a disposizione.

Vuole dire che fino ad oggi la lotta alla pedofilia era praticamente senza strumenti?
La pedofilia era un concetto impreciso. Ad esempio fino ad oggi uno per difendersi bastava dicesse che non era a conoscenza dell’età del bambino: oggi questo non vale più, uno non può più non nascondersi dietro il non sapere l’età del bambino. Tutta una serie di aspetti che prima erano fonte di difesa sono stati rimessi in gioco. Noi con il servizio 114 Emergenza Infanzia ci occupiamo di questo e molte volte ci segnalano comportamenti impropri: noi prima però avevamo difficoltà a fornire al giudice elementi sufficienti per intervenire. Oggi invece finalmente si sa che lo scambio di materiale fotografico a sfondo sessuale con un minore, nella rete, è un reato e quindi questo è un dato legislativo che consente di avviare attività investigative e percorsi giudiziari. Speriamo che queste indagini siano sostenute da percorsi giudiziari veloci ed efficaci.

Pedofilia e pedopornografia sono reati odiosi, di cui è difficile anche solo tracciare un contorno numerico. Quanti bambini e adolescenti sono vittime in Italia di questi reati?
I casi ufficiali di denunce di abuso sessuale in Italia sono 700 all’anno. Certamente però moltissimi casi sfuggono alle denunce. Basti pensare che in altri paesi, analoghi all’Italia, i dati ufficiali sono molto più alti: la Francia ha circa 25mila casi segnalati, l’Inghilterra 30mila. Molto quindi resta sommerso. I bambini non denunciano, le famiglie per paura delle conseguenze non vogliono fare emergere il problema… Quindi molti bambini sono ancora protetti dal silenzio.

L’Italia ora dovrà armonizzare la propria legislazione nazionale alla Convenzione: c’è qualcosa di particolarmente urgente da fare in questo senso, qualcosa da monitorare per non correre il rischio, come spesso accade, che questo importante passo di oggi resti un po’ vuoto?
Certo, l’Italia dovrà armonizzare questa Convenzione in vari atti legislativi ancor più funzionali all’intervento. Ma l’aspetto più importante da sottolineare è avere gli strumenti – intesi come persone e come loro formazione – tra le forze di Polizia e i magistrati che dovranno lavorare in questo settore. L’Italia ha un grandissimo ritardo sia nel trattamento delle vittime sia nell’intervento precoce in questi contesti, dobbiamo molto rifletterci. Ha ragione, dalle parole occorre passare ai fatti, ma per farlo dobbiamo garantire il sostegno fondamentale di tecnologie, mezzi, persone preparate.

A cosa pensa?
Servono nuovi mezzi, più coordinamento e una forte rete internazionale. E molta più attenzione alle nuove tecnologie. L’indagine svolta spesso oggi non è così raffinata come servirebbe, la giustizia non è specializzata, la vittima andrebbe seguita subito, l’autore viene lasciato in arresti domiciliari senza nessun controllo particolare… La Convenzione deve essere l’occasione per rivedere i nostri modelli  di intervento. Occorre fare un salto verso una qualità maggiore sia nell’intervento sulle vittime sia sugli autori di questi comportamenti, perché molte volte chi attua questi comportamenti sono giovani a loro volta, spesso anche minorenni. Occorre trovare nuove misure di intervento sugli autori di reato, con nuovi sforzi di conoscenza e anche nuove prassi. Abbiamo bisogno di una profondo rimessa in discussione di modelli che per anni hanno creato danni ai bambini.
 


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