Formazione

Cacciatrici e ben armate

Le due banche straniere che sono partite alla conquista di Bnl e Antonveneta sono in prima linea nelle transazioni per le vendite di materiale bellico.

di Benedetta Verrini

Le banche straniere fanno shopping nel mercato italiano. E hanno gusti particolari. Per chi segue il settore delle armi, i nomi delle protagoniste delle Opa che in queste settimane hanno occupato le colonne dei giornali finanziari (e cioè l?offerta pubblica di acquisto del Bilbao Vizcaja su Bnl e quella di Abn-Amro su Antonveneta), ricorrono abitualmente anche nella relazione del governo italiano sull?export di armi. Nel caso di Bilbao-Bnl si tratta di ?teste di serie?: Banca nazionale del lavoro rientra, insieme a Capitalia e San Paolo Imi, tra i gruppi italiani che si spartiscono annualmente le maggiori percentuali di importi legati al commercio delle armi. Nel 2002, in particolare, la banca guidata da Luigi Abete aveva fatto l?en plein con oltre 137 milioni di euro di importi autorizzati e, guarda caso, il suo primo azionista, il Bilbao Vizcaja, era stato addirittura la prima ?banca armata? dell?anno, con 216 milioni di euro di operazioni di appoggio a una commessa d?armi. L?arsenale di Bilbao Si trattava, nello specifico, di una maxi-commessa della Spagna per l?acquisto di 62 autoblindo Centauro del consorzio Fiat Iveco-Oto Melara, del valore di oltre 200 milioni di euro. La banca d?appoggio non poteva che essere il Bilbao, istituto nazionale che possiede anche il 17% della Gamesa, la società corporativa delle industrie armiere spagnole. Quell?anno, Bnl e Bilbao messi insieme hanno coperto il 48% degli importi autorizzati del ministero delle Finanze italiano. Un caso? Non proprio: sono sempre di più le banche straniere che si affacciano sul ricco mercato delle armi italiane, un po? per naturali ragioni di ?radicamento? presso gli Stati acquirenti (il Bilbao ha appoggiato il governo spagnolo; Abn, come vedremo, appoggia grandi consorzi transnazionali, tra cui Eads); un po? perché gli ultimi quattro anni hanno visto il progressivo ?ritiro? di importanti gruppi bancari italiani dal mercato delle armi. E’ successo, dal 2001 ad oggi, a Unicredito, poi a Monte dei Paschi, infine, nel 2004, a Banca Intesa. Un fenomeno legato allo straordinario successo di una piccola, ma efficacissima campagna di sensibilizzazione, Banche Armate, nata nel mondo missionario nell?anno del Giubileo (venne lanciata dalle riviste Nigrizia, Mosaico di Pace e Missione Oggi) e ormai diffusa in tutto il tessuto sociale italiano. Colpite nell?immagine (e stimolate dalla chiusura dei conti dei risparmiatori ?impegnati?), le banche hanno deciso di effettuare una scelta di responsabilità sociale che le ha progressivamente tirate fuori dal mercato ?armato?. La cosa ha preso dimensioni tali, almeno in Italia, da essere definita come ?problematica di alta rilevanza? nell?ultima relazione sull?export, pubblicata una settimana fa. Il rifiuto all?assistenza finanziaria da parte di tante banche italiane comporterebbe, a detta del ministero delle Finanze, «notevoli difficoltà operative» alle industrie della difesa, «tanto da costringerle ad operare con banche non residenti in Italia». Le clusters bombs di Abn Ed eccoci, appunto, a Bilbao e Abn. Come altri colossi stranieri (Barclays, Commerzbank, Arab Banking Corporation) che non vivono lo ?scrupolo di coscienza? sorto in Italia. La grande banca olandese, in particolare, è un caso di eclatante ambiguità. Abn è partecipata con una quota intorno al 7% dal gruppo Ing (che in Italia è sbarcato con il celebre ?Conto Arancio? e la sua divisione online). Ing e Abn sono tra i bersagli (insieme ad Axa, Dexia, Fortis e Kbc) di un dossier, realizzato pochi mesi fa da una piattaforma di ong belghe, che ne illustra il coinvolgimento nel settore delle clusters bombs, delle armi all?uranio impoverito, delle armi nucleari e delle mine antipersona. Tutto questo nonostante, nel febbraio 2004, Abn abbia annunciato con grande enfasi la sua uscita dal settore delle clusters bombs, dismettendo i suoi investimenti dalla società britannica Insys, che produce bombe a grappolo per l?esercito britannico. Una bella iniziativa, in qualche modo ?neutralizzata? da tutti gli altri affari di Abn: come il sostegno finanziario a Eads, il gigante europeo della difesa, che produce missili ed elicotteri da combattimento e ha in catalogo, tra l?altro, anche le clusters bombs. Fin dal 2003 Eads ha piazzato sul mercato dei bond per un finanziamento a lungo termine del valore complessivo di 3 miliardi di euro e Abn-Amro è stata tra le banche collocatrici. Pertanto, il business e la rete delle sue partecipazioni resta saldamente legata al settore delle armi. La stessa Antonveneta, che ora è oggetto delle mire espansionistiche di Abn, nell?ultimo anno ha assistito aziende produttrici d?armi per oltre 100 milioni di euro, occupando il 9% del totale della relazione (che quest?anno, peraltro, ha raggiunto la cifra record di 1.317 milioni di euro?). Uno zampino in Capitalia Ma c?è di più. Nel Belpaese l?olandesina ha un altro grande interesse, costituito da una quota azionaria di poco meno del 9% in Capitalia. è forse un caso? Banca di Roma è stata la banca italiana più ?armata? degli ultimi anni e anche nella relazione 2005 occupa il 30% dell?intero ammontare delle transazioni, pari a oltre 395 milioni di euro. Se mai Abn volesse proseguire il suo ?shopping? in Italia, quindi, tra Antonveneta e Capitalia finirebbe per acquisire quasi tutto il polo italiano delle banche armate. Mica male, per un istituto che intende darsi un?immagine di eticità. «Da un lato, il matrimonio con realtà straniere impegnate nel settore delle armi non può che rappresentare un passo indietro nello sforzo realizzato in Italia per l?abbandono progressivo del mercato ?armato?», commenta Andrea Baranes, responsabile della Campagna per la riforma della Banca mondiale, «e di certo dimostra come l?efficacia di una campagna per la trasparenza e l?eticità deve essere svolta in modo universale, come universale è il sistema finanziario. Per questo credo che la campagna italiana Banche Armate e quella belga possano rappresentare le teste di ponte per una progressiva moralizzazione del sistema europeo. Non a caso, Italia e Belgio sono gli unici due Stati che possiedono anche norme restrittive in tema di commercio delle armi. Il governo belga ha approvato una legge che equipara ai broker d?armi anche gli istituti bancari, e li sottopone a rigidi controlli. Si tratta di un ottimo esempio su cui procedere per chiedere universalmente trasparenza».


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