Dunque ci risiamo. A Venezia il concetto di “universal design” è davvero sconosciuto. Non bastava il ponte di Calatrava, esempio clamoroso di progettazione estetica che ignora le esigenze di mobilità di anziani, ipovedenti, persone a mobilità ridotta, persone in sedia a rotelle. Evidentemente non bastava. Leggo su Superando.it, il bel portale di riferimento della Fish, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap, un ottimo servizio di Stefano Borgato su un altro “mostro” di un altro grande architetto. Si tratta di un edificio del tutto particolare, di grandissimo valore scientifico e umano, la sede della Fondazione Banca degli occhi, una delle più importanti organizzazioni italiane per la promozione della cultura della donazione e anche la prima banca in Europa per numero di cornee raccolte e distribuite. Una fondazione davvero meritevole, dunque, che ha affidato all’architetto argentino di grande fama Emilio Ambasz il compito di progettare la nuova sede, che ospita gli uffici della comunicazione, il laboratorio dove vengono conservati i tessuti corneali, il servizio di diagnostica e anche quello di ricerca sulle cellule staminali. In questo stesso padiglione c’è un auditorium da 450 posti: ecco, questa struttura, paradossalmente, non è idonea neppure a chi ci vede poco. Un anfiteatro in forte pendenza con accesso alle poltroncine solo attraverso ripide gradinate in legno monocromatico, senza neppure il banale accorgimento del marca gradino scuro, indispensabile per gli ipovedenti. Nessun corrimano, nessuna soluzione meccanica alternativa per sedie a rotelle. Il palco, inutile dirlo, è del tutto inaccessibile. Ora magari scatteranno le preoccupazioni a posteriori, e si correrà ai ripari con le solite orrende soluzioni posticce. Tutto in palese violazione delle norme in vigore, per non parlare della Convenzione Onu.
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