La stagione venatoria si è aperta tra le proteste delle associazioni ambientaliste. L’assurda pratica delle preaperture (tre settimane di anticipo sul calendario definito per legge) ha interessato ben 13 regioni, cui si aggiungono Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo che, pur non avendole deliberate, lasciano alle singole province la possibilità di farlo. Solo Liguria e Piemonte hanno deciso di non anticipare l’apertura, oltre alle Province autonome di Trento e Bolzano. Dodici le specie di uccelli cacciabili di cui quattro (tortora, quaglia, beccaccino e marzaiola) con popolazioni in declino. Per il WWF è il peggiore degli inizi possibili. Ancora una volta a prevalere sono le pressioni del mondo venatorio piuttosto che le esigenze della fauna selvatica, le indicazioni del mondo scientifico e le norme a tutela della biodiversità. Il WWF e le altre associazioni hanno avviato diversi ricorsi ai Tar per chiedere il rispetto delle leggi italiane ed europee. «Abbiamo appena vinto una battaglia sull’art. 42 della legge comunitaria, bloccando il tentativo di deregulation sul calendario venatorio. Ma appena la palla è passata alle Regioni, la situazione è tornata gravissima», ha detto il vice presidente WWF Italia, Raniero Maggini. Quello che non si capisce è come sia possibile che l’1% della popolazione possa arrogarsi il diritto di aggredire il patrimonio faunistico di proprietà del restante 99%. (LB)
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