Non profit

Bussolera Branca, la fondazione che finanzia il think tank transgenico

di Redazione

Ci voleva un digestivo leggero. E invece è arrivato un cocktail robusto di tuberi e cereali. Per far mandar giù – o di traverso, secondo gli schieramenti – gli ogm agli italiani (oltre il 61% degli italiani sarebbe contrario) si sono mobilitati in tanti e in ordine sparso, salvo poi dividersi e lanciarsi in una delle campagne più geneticamente modificate, e perciò trasversali, d’Italia.
Tra i primi a dichiararsi a favore, oltre all’avanguardia di scienziati capitanati da Umberto Veronesi, sono stati i vertici di Fondazione Bussolera Branca, l’ente morale di Pavia nato dal generoso lascito della famiglia del celebre Fernet.
L’Istituto, dopo la bufera giudiziaria che l’ha travolto negli anni 90 in una corsa per il controllo della ricca eredità di 77 miliardi di lire, coinvolgendo le alte sfere della Regione Lombardia, si è trasformato in centro non profit di sostegno dell’agri-biotech. Una perla rara in un Paese dove la legge vieta le colture transgeniche.
Finanziamenti mirati al pioppo che non fa lacrimare (senza polline) e supporto all’Isaaa, il pensatoio-lobby degli ogm mondiale. Accanto a Monsanto e le altre multinazionali agri-biotech, Fondazione Bussolera è l’unico ente italiano a sfilare tra i donors dell’organismo internazionale.
Oggi favorevoli o contrari agli ogm? Neutrali, così rispondono nella sede dell’azienda vitivinicola Le Fracce che ospita la fondazione. I toni sono più accesi in casa dei Verdi – Ambiente e società che chiedono conto alla Regione, che ha un rappresentante in cda, sull’opportunità di mantenere questa rotta in un territorio dove circa 300 comuni sono ogm free. (C.B.)

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