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Bush: “Saddam? Costa meno assassinarlo”

Gli Usa vogliono ferma gli ispettori che a Vienna hanno trovato un accordo con Baghdad: pretendono una lista delle armi irachene e che a chiederla sia l'Onu. Intanto La Casa Bianca invita ad "assass

di Ettore Colombo

Gli Usa sconfessano gli accordi di Vienna sulla partenza degli ispettori per Baghdad, e rilanciano: nella bozza di risoluzione da sottoporre all’Onu chiedono che Saddam Hussein presenti una lista delle armi di distruzione di massa in suo possesso, altrimenti, minacciano la vita stessa del dittatore. Ari Fleischer, portavoce della Casa Bianca, ieri ha scherzato tranquillamente coi cronisti sostenendo che una pallottola costerà molto meno che i 13 miliardi di dollari previsti per le operazioni militari. Un invito esplicito, quello Usa, a un cambiamento di regime ad opera di sicari interni, che la dice lunga sulle intenzioni dell’amministrazione Bush. Al presidente americano infatti, gli accordi ragiunti a Vienna non bastano. La Casa Bianca procede dritto per la propria strada, nonostante l’accordo tra il regime iracheno e gli ispettori che, una volta siglata l’intesa che prevede l’apertura di quasi tutti i siti finora segreti in Iraq tranne i palazzi presidenziali, si apprestino a partire per l’Iraq tra quindici giorni. La Casa Bianca impone il proprio stop: gli ispettori non partano – dice – prima di una nuova riosoluzione dell’Onu. E proprio nel nuovo documento che gli americani sperano di far approvare al Palazzo di Vetro dovrebbero essere contenute le clausole in grado di rompere la trattativa internazionale. Prima fra tutte la richiesta di un elenco dettagliato delle armi di distruzione di massa in possesso del regime iracheno. Un elenco difficile da ottenere, visto che Baghdad da sempre sostiene di non avere alcuna arma chimica o biologica, ma apre appositamente i propri siti militari agli ispettori perché controllino queste affermazioni. Bush punta invece a far approvare la risoluzione Onu concedendo a Saddam 30 giorni per presentare la propria lista. Solo dopo potranno partire gli ispettori o, più probabilmente, l’attacco. I tempi, peraltro, coincidono perfettamente con le richieste giunte dal Congresso Usa, che chiede di non iniziare le operazioni militari prima del 5 novembre, data nella quale i cittadini statunitensi sono chiamati al voto. Il conto alla rovescia, insomma, continua. Sia per le forze armate, che già da tempo avrebbero iniziato a dispiegarsi in Qatar, che per gli ispettori Onu, che preparano le valigie per muoversi a metà mese. A decidere tutto potrebbe essere proprio il Palazzo di Vetro, che ancora discute sulla bozza di risoluzione Usa.


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