Mondo

Bush già bombarda di dollari l’Iraq

Altri 15 milioni in arrivo. Sono destinati a un cartello di 5 ong che si sono consorziate. E che guideranno gli aiuti ai profughi.

di Carlotta Jesi

George Bush offre 900mila dollari per assistere i profughi della guerra che farà in Iraq. Proposta indecente o invito da cogliere con sano realismo? Per la società civile americana di stanza in Giordania, dove in caso di conflitto le Nazioni Unite si attendono l?arrivo di 400mila rifugiati iracheni, è prima di tutto un dilemma etico. Difficile da risolvere: chi rifiuta i soldi di Bush, e presumibilmente anche degli altri governi direttamente impegnati nella guerra, dovrà contare sul sostegno di privati cittadini e altri enti non profit col rischio di togliere fondi alle emergenze già in atto in Africa e in Sudamerica. Senza contare che i 900mila bigliettoni verdi sono solo l?inizio del dilemma: secondo il quotidiano Christian Science Monitor, Bush ha già stanziato 15 milioni di dollari per operazioni umanitarie nel Golfo una volta che la guerra sarà iniziata. Che fare? Cinque grandi ong (World Vision, Mercy Corps, Save The Children America, Medical Corps e International Rescue Committee) hanno accettato l?offerta e creato ad Amman la Joint Ngo Emergency Preparedness Initiative (Jnepi). Un consorzio per coordinare le operazioni di aiuto finanziato da Usaid, l?agenzia americana per lo sviluppo internazionale. Le ragioni del loro sì? “L?assistenza a chi ha bisogno viene prima della politica”, dichiarano a World Vision. Ma per qualcuno l?imperativo umanitario non giustifica il tragico paradosso di aiutare milioni di profughi coi soldi di chi li ha fatti scappare dalle loro case. È il caso di Care: “In fase di preparazione della guerra, non accetteremo fondi bilaterali da Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia”, ha dichiarato alla stampa americana il suo direttore per le emergenze, James Shepherd-Barron. E il suo è un ?no? che pesa considerando che Care è una delle cinque ong, insieme a Save The Children, World Vision e International Rescue Committee, cui normalmente va il 30% dei fondi di Usaid. Stavolta è uscita dal gruppo. Rifiutando, oltre al denaro di Bush, l?eventualità di dover chiedergli il permesso di entrare in determinate zone dell?Iraq una volta che il Paese sarà una zona militare sotto il controllo degli Stati Uniti. “Lavoreremo con i militari solo se si interfacceranno con un?autorità civile. È accaduto in Kosovo e in misura minore in Afghanistan. Ma non sembra che succederà in Iraq”, spiega Shepherd-Barron. Meno preoccupate le agenzie Onu convinte che i profughi non si interrogheranno sull?origine dei fondi con cui sono state acquistate tende e coperte per proteggerli. L?Acnur, l?organo delle Nazioni Unite cui spetta l?assistenza dei rifugiati, il 6 febbraio ha ricevuto dagli Stati Uniti 12,1 milioni di dollari per gestire una possibile crisi umanitaria in Iraq che potrebbe coinvolgere fino a 10 milioni di persone. È peggio rischiare di non aiutarli o rischiare di diventare i cooperanti della Casa Bianca? Inutile cercare aiuto nel Codice di condotta della Croce Rossa cui molte ong s?ispirano: all?articolo 1 dice che “l?imperativo umanitario viene prima di tutto” e all?articolo 4 che “le agenzie umanitarie devono cercare di non diventare lo strumento della politica estera dei governi”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA