Mondo

Burundi: ora l’esercito minaccia il Congo

Dopo la strage del 13 agosto in cui sono stati uccisi circa 160 rifugiati tutsi, l'esercito del Burundi non esclude un attacco al Congo/ex Zaire

di Joshua Massarenti

L’esercito burundese non esclude un’offensiva contro la Repubblica Democratica del Congo (RDC) in seguito al massacro perpetrato il 13 agosto scorso di oltre 160 rifugiati Banyamulenge (dei congolesi tutsi) nel campo di Gatumba, 12 km a nord della capitale burundese Bujumbura e a 4 km dalla frontiera burundo-congolese. Questa, in sintesi, la dichiarazione fatta stamane dal capo di Stato maggiore burundese, generale Germain Niyoyankana, nel corso di una conferenza stampa. “Non escludo un’offensiva verso il Congo per fare rispettare le frontiere del nostro paese” ha dichiarato Niyoyankana, secondo il quale “non c’è più dubbio che il sito di Gutamba è stato preso di mira da una coalizione di forze negative costituite da le Forze nazionali di liberazione (Fnl, ultimo gruppo ribelle hutu ancora in lotta armata contro il regime burundese), che ha fatto da guida agli ex-Far rwandesi (ex forze armate del Rwanda responsabili del genocidio rwandese del ’94 e da allora rifugiatesi su territorio congolese) e ad una parte dell’esercito congolese”. L’accusa contro l’esercito della RDC è particolarmente grave e prevede azioni di ritorsione da parte del Burundi, con l’eventuale collaborazione dell’esercito rwandese dopo che il ministro dell’interno del Rwanda Christophe Bazivamo ha minacciato “d’intervenire” in RDC qualorasi verificassero nuovi “atti di genocidio”. “Tutto dipenderà dell’attitudine del governo congolese” ha detto Niyoyankana, in linea con il presidente burundese Domitien Ndayizeye, molto duro nel richiedere a Kinshasa “delle spiegazioni dopo quello che è successo” a Gatumba. Il massacro è stato sin dall’inizio rivendicato dalle Fnl tramite il loro portavoce. Ma secondo il rappresentante del presidente rwandese Paul Kagame nei Grandi Laghi africani, questo massacro di congolesi tutsi rientra in una”pianificazione di sterminio” contro i Tutsi. Intanto, le ceremonie funebri che si sono svolte ieri sul luogo del massacro hanno visto centinaia di civili burundesi (in strande maggioranzav tutsi) contestare apertamente il presidente del Burundi (un Hutu) nonché le Nazioni Unite. Proprio una fonte burundese di Vita, a contatto con la Missione dell’ONU in Burundi, ha detto che “tra i civili prevale un fortissimo disappunto nei confronti dell’Onu, la cui presenza in Burundi è sempre più ritenuta inutile. Prova ne è i fischi che sono piovuti contro la rappresentante del Segretario generale dell’Onu mentre riferiva le dichiarazioni di Koffi Annan”. “Il popolo” prosegue la nostra fonte, “non riesce a spiegarsi come mai le truppe onusiani, incaricate di sorvegliare la frontiera con il Congo, non si siano accorti dell’infiltrazione giunta dalla RDC”. Il rancore popolare non si limita però alle Nazioni Unite. “Anche l’esercito burundese è sotto accusa. Proprio nei pressi del luogo della carneficina, c’è una caserma della gendarmeria. L’attacco è durato oltretre ore, ma nessun soldato è intervenuto”. Proprio le Forze nazionali di liberazione avevano dichiarato di voler attaccare i gendarmi burundesi. Ma desta molti sospetti il fatto che un campo di rifugiati addiacente a quello attaccato e occupato da rifugiati considerati al 100% congolesi è rimasto totalmente estraneo alla carneficina.


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