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Burundi: da oggi entra in scena l’apocalisse

Omicidi, persercuzioni, arresti illegali, atti di tortura e ora il discorso incendiario di un Presidente del Senato che ricorda le incitazioni alla violenza che avevano preceduto il genocidio dei Tusti in Rwanda. Oggi tocca al Burundi, sprofondato in un ciclo di violenze senza fine da ormai sei mesi e dove la parola “apocalisse” non è più tabù. Parola di Antoine Kaburahe, direttore di Iwacu, l’unico organo di stampa indipendente ancora attivo in questo piccolo paese dell’Africa centrale.

di Joshua Massarenti

Oggi, in Burundi, scade l’ultimatum lanciato da Pierre Nkurunziza, la cui candidatura e rielezione a un terzo mandato hanno fatto precipitare negli ultimi sei mesi il paese africano in un ciclo di violenze e una crisi politica senza fine. Cinque giorni fa, il neo-ri-eletto Presidente della Repubblica burundese ha pronunciato un discorso alla nazione in cui ha autorizzato la polizia ad “usare tutti i mezzi di cui dispone” per ripulire dal 7 novembre in poi i quartieri che non riconoscono la legittimità del suo potere.

Quelli di Mukaruta, dove ieri è stato ucciso il figlio dell’attivista Pierre Claver Mbonimpa, attualmente a Bruxelles in convalescenza dopo un tentato omicidio in Burundi risalente al 3 agosto scorso, e di Cibitoke sono oggetti di attacchi e rastrellamenti continui da parte delle forze di sicurezza burundesi, in lotta contro presunti "terroristi" e "ribelli".

Dovete fare tabula rasa, dovete sterminare questa gente buona soltanto a morire. E’ un ordine, andate!

Révérien Ndikuriyo, Presidente del Senato del Burundi

Pochi giorni fa, l'International Crisis Group (ICG) ha lanciato un'allerta denunciando i rischi di "guerra civile". Le parole pronunciate il 30 ottobre scorso a Bujumbura (la capitale) dal Presidente del Senato, Révérien Ndikuriyo, e registrate a sua insaputa (la versione audio originale in kirundi), sono la dimostrazione del clima incandescente che sta dilagando nel paese. Un clima che secondo molte organizzazioni di difesa dei diritti umani ricordano i mesi che hanno preceduto il genocidio dei Tutsi in Rwanda nel 1994:

“Dovete fare tabula rasa, dovete sterminare questa gente buona soltanto a morire. E’ un ordine, andate! ", ha dichiarato Ndikuriyo nel corso di una riunione con responsabili dei servizi di sicurezza dei quartieri di Bujumbura, la capitale. "Dal momento che riceverete il segnale tramite indicazioni che bisogna farla finita, le emozioni e i pianti non avranno più spazio. Aspettate il giorno in cui vi diremo di “lavorare”, dovrete fare la differenza! Attualmente i poliziotti si nascondo per mettersi al riparo dalle granate, ma vedrete come cambieranno le cose il giorno in cui riceveranno il messaggio per lavorare”.

Nel suo ultimo editoriale, Antoine Kaburahe, il direttore del giornale indipendente Iwacu, mette in guardia l’opinione pubblica sui rischi di violenza generalizzata che sta per abbattersi sul Burundi:

Fedeli alla tradizione orale, i Burundesi rispettano l’Ijambo, il dicorso. Ogni incontro giudicato importante si conclude con l’Ijambo, che tutti ascoltano in modo quasi religioso. La parola di un’autorità è ancora più rispettata, è considerata quasi sacra. Ecco perché il discorso del presidente del Senato fa paura. Mentre una personalità di questo rango dovrebbe promuovere un discorso di pace, di unificazione, l’attuale presidente della Camera alta ha di recente lanciato un messaggio di mobilizzazione per un presunto “D” Day. In quel giorno, ha predetto l’apocalisse contro “gli altri”, che non nomina ovviamente. Annuncia pure delle ricompense, dopo “il lavoro”: degli “appezzamenti saranno in effetti resi disponibili”. Qui non siamo più nella metafora, ma nell’istigazione alla violenza.

Questa violenza è nuda e cruda. Il verbo di cui il presidente del Senato burundese fa uso, “gukora” (lavorare), in un paese non molto lontano [il Rwanda, ndr], ha avuto conseguenze devastanti. Uomini indottrinati hanno “lavorato”, e cioè ucciso. Ne conosciamo il risultato.

Detto ciò, trovo che non sia una cattiva cosa vedere le maschere cadere. Invece che di accontentarci di un discorso “lenificante”, è meglio sapere che dietro le quinte si prepara l’apocalisse. Ho appreso che questo discorso in Kirundi (la lingua burundese, ndr), interamente metaforico, è stato tradotto in francese e in inglese dai servizi delle Nazioni Unite. E’ un documento in più. Eppure ho una domanda da fare: il presidente del Senato ha detto apertamente quello che si sta preparando a nostra insaputa? O trattasi di semplice sbandata? Purtroppo a mia conoscenza finora nessun partito burundese si è azzardato a smentirlo. Alcuni segnali (annunciatori?) destano già timore: omicidi, arresti arbitrari, torture, ecc. Come se una macchina si fosse in moto. Bis repetita placent? Quello che è straordinario in Burundi, e che al contempo desta molto paura, è il fatto che nessuno dirà di non aver saputo misurare violenze annunciate in modo così evidente e crudo e… non da qualsiasi personalità!

Traduzione di Joshua Massarenti

Credito foto: Jennifer Huxta (AFP-Getty Images)

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