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Burkina Faso, un modello per tutta l’Africa
Dopo la caduta del despota Blaise Compaoré la transizione politica è guidata da una task force al cui interno c’è una larga rappresentanza della società civile. «L’associazionismo di base è stato il portavoce del malcontento», spiega Velio Coviello, cooperante e ricercatore dell’ong Cisv
«Il Burkina Faso? Potrebbe essere un modello per tutta l’Africa». L’eco della rivoluzione burkinabé, culminata il 31 ottobre 2014 con un milione e mezzo di persone in piazza (su 12 milioni di abitanti, il 60 per cento dei quali sotto i 12 anni) e la cacciata del presidente-despota Blaise Compaoré ha superato i confini del piccolo Stato africano: «stiamo parlando di un paese molto povero ma anche con un alto livello di cultura e partecipazione, dove la società civile è la vera protagonista di questa sollevazione popolare e del cambiamento in atto», spiega Valeria De Paoli, responsabile desk Africa dell’ong Acra, presente nel paese con progetti di sicurezza alimentare, microfinanza e sviluppo rurale.
«Da tempo il paese africano è sede di forum mondiali, eventi come il più importante festival artistico di tutto il continente, e la stabilità sociale che “garantiva” Blaise con l’appoggio dell’Occidente è stato il terreno fertile, malgrado il potere concentrato in poche mani, per la creazione di una società civile matura e cosciente dei propri mezzi», prosegue De Paoli.
Società civile che ha propri membri nella task force che sta lavorando alla transizione (assieme agli oppositori a Blaise e ai militari, che durante la sollevazione nonviolenta anziché andare contro il popolo si sono schierati dalla sua parte) e che ha nominato per un anno un presidente ad interim che porti avanti le necessarie riforme, «a cominciare dalla limitazione del presidenzialismo, che ha permesso all’ex leader di comandare a mani libere per ben 27 anni», sottolinea Velio Coviello, cooperante e ricercatore dell’ong Cisv che ha vissuto in prima persona la rivoluzione di fine ottobre.
«L’associazionismo di base è stato il portavoce del malcontento, in particolare Balai citoyen, ente composto da migliaia di giovani studenti che hanno dato voce a forze socio-intellettuali che prima non sono mai state rappresentate e che ha nel proprio nome la parola ‘scopa’, con il chiaro obiettivo di fare piazza pulita del vecchio modo di governare”, continua Coviello, che nel paese segue progetti legati alle risorse naturali e interventi per mitigare la desertificazione.
Le persone in piazza hanno raccolto l’eredità di Thomas Sankara, «leader carismatico nel cui assassinio, avvenuto nel 1987, è coinvolto lo stesso Blaise Compaoré» e guida simbolica del nuovo corso del Burkina Faso, «assieme a un'altra figura fondamentale come Norbert Zongo, coraggioso giornalista anch’egli ucciso nel 1998». Ora la strada verso il cambiamento è tracciata: non sarà facile mantenere lo spirito attuale, «ci saranno passaggi da affrontare con cautela, ma la speranza non manca», sottolinea De Paoli di Acra.
Speranza di un nuovo sistema di potere che lavori per il popolo, e che riesca di fatto a essere indipendente da influenze esterne, a cominciare da quelle francesi e in generale occidentali, legate al post colonialismo. «Il messaggio del popolo all’Occidente è stato piuttosto chiaro: non immischiatevi nei nostri affari, lasciateci fare», indica il cooperante di Cisv. Una pretesa di indipendenza legittima, che può arrivare lontano.
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