Famiglia
Burkina-Faso: Reportage di Save the Children
Rita Girotti (Save the Children) ha visitato recentemente il Burkina-Faso nel Sahel. Miniere, bambini, scolarizzazione, un reportage completo per immagini e testimonianze
di Redazione
“E’ profondo 15-20 metri in questo punto e in altri parti è ancora più profondo. A volte ci sono delle frane, ma qui no perché c’è la roccia. Quando si passano i giorni nella galleria, con il caldo, viene male alla testa e quando si esce si hanno spesso delle crisi di malaria. Restiamo tutto il giorno qui sotto” (Hamidou*). |
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Ibrahim*, 12 anni, si cala giù in profondità, entrando in un buco scavato nella roccia. Scende, così, semplicemente, scalzo, a mani nude, aggrappandosi ad una corda legata ad alcuni rami secchi e bloccata solo da |
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grosse pietre. Da un momento all’altro si può strappare. Ma per lui è come camminare sulla strada. Scende, con aria indifferente, il suo sacco in mano per riempirlo di pietre e una torcia attorno alla fronte. E’ la flebile luce che lo aiuterà quando si troverà in basso, a oltre 50 metri di profondità, ad illuminare appena le rocce, per scavare, con le mani e con l’ausilio di mezzi di fortuna nella roccia, nella disperata speranza di trovare qualche grammo d’oro che gli basti appena a comprare un po’ di miglio. E forse qualche abito. | |||||||||
Ci sono uomini, donne, ma soprattutto bambini abbastanza magri per calarsi negli stretti buchi profondi oltre 50 metri. Sul sito di Gorol-Kadjé, i bambini della miniera non conoscono orari, si scava giorno e notte. Nei cunicoli non fa differenza se è giorno o se è notte.
dov’è, ma non l’hanno fermata, non hanno alternativa. Aissa è una delle tante bambine che lavorano in superficie, i bambini nei cunicoli e le bambine in superficie, al ritmo del sole che fa salire la temperatura fino a 40 gradi: bisogna fracassare e lavare ogni sasso. Centinaia di chili ogni giorno. Malgrado i pericoli, tutto il villaggio giudica necessario che i bambini vadano alla miniera. “Ci sono molti bambini che scendono nei buchi”, spiega Yéréfolo*, “lavorano ogni giorno e altri passano la notte a lavorare. Ogni notte. Qui ci sono soprattutto i sassi grossi e bisogna romperli e quando rompi un sasso, ti puoi tagliare il piede o la mano, oppure la testa. A volte, ci sono anche delle frane, la gente si ferisce, soprattutto i bambini piccoli, loro non sono abituati. Non hanno da lavorare, se avessero un lavoro, non starebbero nelle miniere, sono obbligati a venire qui per avere da mangiare.”
Sul sito minerario, nella loro tenda, gli agenti del governo, i soli ad avere l’autorizzazione (l’oro è monopolio di stato), attendono i più fortunati, chi ha trovato qualcosa, e comprano l’oro al grammo. Lo rivenderanno ad almeno 3-4 volte di più al banco dei metalli preziosi a Ouagadougou, la capitale.
miniere. I giovani cercatori d’oro nutrono dei sogni che sembrano loro smisurati: “Se troviamo un altro lavoro, lasciamo la miniera e poi, se potessi andare a scuola, ci andrei”. “Se avessi un altro lavoro, non resterei alla miniera. Con del denaro, potrei fare il commercio al dettaglio, il commercio è meglio della miniera”. Piccolo commercio, orticoltura e allevamento sono in testa alle preferenze dei bambini del Sahel. E così, con alcune borse di studio, Save the Children ha avviato dei progetti pilota per insegnare loro
* Per tutelare l’identità dei bambini e delle persone citate, i nomi utilizzati sono di fantasia. |
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