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Burkina Faso, il Paese è nel caos

Nelle ore successive alla presa di potere da parte del colonnello Isaac Zida migliaia di persone si sono riversate sulle strade di Ouagadougou per manifestare contro i militari. La repressione è stata durissima. Il bilancio è di 5 morti e un disperso

di Marco Marcocci

Il Burkina Faso sta attraversando momenti di caos e di tensione. Nelle ore successive alla presa di potere da parte del colonnello Isaac Zida migliaia di persone si sono riversate sulle strade di Ouagadougou, la capitale, per manifestare contro Zida.

Dura è stata la repressione dell’esercito, pare ci sia stati almeno cinque morti e diversi feriti, che ha disperso i manifestanti. I militari hanno anche preso il controllo della radiotelevisione nazionale
In questo scenario che lo vede contestato dalla piazza e sottoposto a pressioni internazionali, il colonnello Zida si è affrettato a garantire una transizione “in ambito costituzionale”.

Così, incontrando il corpo diplomatico presente a Ouagadougou il nuovo uomo forte del Paese del cotone ha detto che “il potere esecutivo sarà guidato da un organismo di transizione in un quadro costituzionale” e che “l'organo di transizione sarà diretto da una personalità designata in modo consensuale da tutti gli attori della vita nazionale”.

Intanto l'Unione Africana (Ua) ha dato oggi due settimane di tempo all'esercito del Burkina Faso per ridare il potere ai civili. Simeon Oyono Esono,  capo del Consiglio di pace e sicurezza dell'Unione Africana ha dichiarato: “chiediamo alle forze armate di consegnare il potere alle autorità civili e il Consiglio ha deciso che questo trasferimento dovrà avvenire entro due settimane”.

Altra decisione presa dall’Unione è stata quella di designare l'ex premier del Togo, Edem Kojo, quale inviato speciale per la crisi in Burkina Faso.

Adesso il rischio è che la rivolta popolare che ha deposto il padre padrone Compaoré non faccia altro che affidare il potere ad un altro dittatore, identificato ora nel colonnello Zida e più avanti chissà.
Francia e Stati Uniti, amiche di Compaorè, che è stato un vero ambasciatore dei due Paesi nell’Africa occidentale e non solo, stanno a guardare con apparente distacco in quanto in fin dei conti poco importa chi eserciti il potere in Burkina Faso, l’importante è che non sia un jihadista. Anzi, dato che le forze armate burkinabè sono addestrate da occidentali e hanno in dotazione anche armi americane, meglio che sia l’esercito a governare.

Intanto, in attesa dell’evolversi degli eventi, merita una particolare citazione l’appello che il movimento “Le Balai Citoyen” ha lanciato su Facebook volto a raccogliere fondi da destinare a coloro che sono rimasti feriti durante gli scontri che hanno portato alla cacciata di Compaoré e necessitano di cure mediche. Non sappiamo quanto sta fruttando l’iniziativa, ma in meno di ventiquattro ore i “mi piace” sono stati circa 250 e le condivisioni oltre 120.
 


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