Formazione
Buone pratiche, buone ma troppo solitarie
A Padova per due giorni si confronteranno tante esperienze da tuttEuropa. Per conoscersi. Per imparare a lavorare in rete. E a condividere risorse.
di Chiara Sirna
Superare i confini locali e costruire una cittadinanza solidale europea. è con questo obiettivo che il Parco Solidale ha promosso e organizzato il 7 e 8 ottobre a Padova un Simposio internazionale di best practices sociali, culturali e ambientali del terzo settore. «Il nostro peggior difetto è il campanilismo», spiega il direttore del Parco Solidale, Antonio Sambo. «Le esperienze di eccellenza, se pur a macchia di leopardo, non mancano, ma peccano di autoreferenzialità. Bisogna mettere in campo strategie e processi innovativi».
In particolare c?è da mettere in campo un lavoro di rete e cooperazione internazionale aperto anche alle politiche di sviluppo comunitarie. «L?Europa dà indicazioni in materia di diritti umani, culturali, politici, di salute pubblica», spiega Marina Bastianello, portavoce del Forum del terzo settore Veneto. «Dobbiamo mettere insieme gli attori territoriali con quelli oltreconfine. L?articolo 47 del nuovo trattato della Costituzione europea riconosce pieno diritto di partecipazione attiva alle organizzazioni della società civile, ma siamo ancora lontani da quell?obiettivo».
Gli esempi dell?Est
Proprio per uscire dall?impasse, infatti, il Forum Veneto ha lanciato l?idea di una conferenza nazionale, che miri a programmare iniziative e istituire organi di rappresentanza. Ma intanto non mancano esperienze positive. Come, per esempio, la campagna per la cittadinanza europea, guidata da Paul Oriol e nata per estendere i diritti di cittadinanza a tutti i residenti della comunità europea, immigrati compresi, così come i progetti promossi dall?Association of Local Democracy Agencies del Consiglio d?Europa, già attiva nell?area balcanica, nel Caucaso e in Bielorussia.
«In Bosnia Erzegovina, Croazia, Serbia Montenegro e Macedonia», spiega Antonella Valmorbida, direttrice europea del progetto Elda, «abbiamo creato 11 gruppi di lavoro per analizzare le potenzialità di sviluppo socio-economico territoriale nel settore del turismo, dell?imprenditoria e dell?impiego». Nel Nord del Montenegro, per esempio, a Rozaje, è nato un organo di gestione turistica; a Vertemeglio, in Croazia, e a Leskovac, nella Serbia meridionale, sono stati costituiti due centri di consulenza e assistenza tecnica per le imprese, con la creazione, in una seconda fase, di progetti di microcredito; a Kragujevac, nel sud della Serbia, una cooperativa sociale per servizi all?infanzia e a Prijedor, invece, nella Bosnia Erzegovina, una rete per la creazione di impiego.
Tutto sul territorio
Ma anche la cultura ha avuto la sua parte. A Mostar le municipalità locali insieme ad associazioni del territorio, ong internazionali e associazioni italiane, come Auser e Uisp, hanno inaugurato un festival di musica balcanica aperto a bande di tutte le etnie e appartenenze religiose. Esperienza che in un contesto come quello dei Balcani, martoriato dai conflitti etnico-religiosi, apre la strada a una convivenza civile di straordinaria importanza.
Esempi di coordinamento di risorse vengono anche dai Comuni italiani; come l?Agenda 21 di Modena, che assieme a Camera di commercio, aziende, associazioni ed enti locali, ha istituito tavoli di concertazione per elaborare strategie di sviluppo sostenibile, lotta all?inquinamento, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti. «La filosofia della cooperazione si respira anche in Europa», conclude Sambo, «ma manca la consapevolezza della coprogettazione concreta. Non servono solo i finanziamenti: gli enti istituzionali devono partecipare alla realizzazione perché i risultati rimangano sul territorio».
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