Sostenibilità

Buone pratiche

di Redazione

«Ci sono esempi virtuosi dappertutto in Italia, ma non fanno notizia». Sergio Ulgiati ragiona anche in positivo e invita tutti a guardarsi attorno per vedere chi ha già fatto importanti passi avanti nella direzione della sostenibilità. «Dal Comune che ricicla percentuali altissime di rifiuti urbani (ad esempio in Campania il Comune di Salerno con una percentuale del 60%) o che genera elettricità da impianti solari (Torraca, nel Cilento), fino ai Comuni che hanno saputo coinvolgere i cittadini (anche i più giovani nelle scuole) in politiche di riduzione del rifiuto (detersivi alla spina, minimizzazione dell’imballaggio, mercatini dello scambio e dell’usato, e così via). All’università Parthenope di Napoli, dove insegno Analisi del ciclo di vita, in collaborazione con l’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr, con la Coldiretti, e altri partner italiani e stranieri, stiamo lavorando sul concetto di bioraffineria, ossia sulla generazione di reti integrate di piccole imprese agricole, agro-industriali, chimiche ed energetiche, che siano in grado di scambiarsi le loro materie seconde (gli scarti di produzione) per generare una molteplicità di beni a partire dai prodotti dell’agricoltura: alimenti, prodotti chimici, cosmetici, fertilizzanti, biomateriali e bioenergie. Il tutto nel rispetto della vocazione produttiva e delle caratteristiche ambientali dei territori. Non è facile per ragioni e inerzie facilmente intuibili, ma ce n’è quanto basta per creare nuova occupazione, reddito, minore impatto ambientale, nuove risorse, tutela del territorio. Ci sono nel mondo molti esempi di comparti agricoli, agro-industriali o addirittura sistemi integrati urbani e industriali, dove lo scambio di materie prime (calore di scarto, prodotti chimici, residui di lavorazione dei prodotti vegetali, materiale riciclabile) alimenta considerevoli vantaggi economici ed ambientali». «I cinesi parlano di “economia circolare”, in Europa si parla di “green economy”. Quello che conta», conclude Ulgiati, «è capire che una transizione è necessaria e possibile».

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