Sostenibilità

Buon Business con greenpeace

“npower” ha allestito una piattaforma per energia eolica nel mare del Nord che vende energia pulita e conquista tanti consumatori. Tobias Webb

di Redazione

Davvero le ong ambientaliste, e altri gruppi non profit, hanno bisogno di infilarsi nel letto del nemico per cambiare i suoi comportamenti? La questione preoccupa le organizzazioni non governative dal momento che il numero di quelle che intessono partnership con le aziende è in continua crescita. È il caso di Greenpeace. L?associazione ambientalista qualche anno fa decise che alleanze occasionali con le aziende, su temi specifici, avrebbero potuto aiutarla a raggiungere i suoi obiettivi. Ha lanciato campagne sull?inquinamento chimico e sui cambiamenti climatici, ma sul tema dell?energia eolica ha deciso che proporre soluzioni pratiche sarebbe stato meglio. Per questo motivo, ha aiutato ?npower?, una compagnia di proprietà della Rwe, il gigante tedesco dei servizi pubblici, a promuovere presso migliaia di consumatori inglesi Juice, un prodotto di energia alternativa. Pareri contrapposti Non tutti hanno apprezzato l?alleanza tra Greenpeace e ?npower?. Il WWF, per esempio, ha rifiutato qualunque tipo di collaborazione con la Rwe perché l?azienda lavora con centrali nucleari. Altri critici sostengono che questo tipo di partnership non portano ad alcun cambiamento di lunga durata. Nel caso di Greenpeace, l?alleanza con ?npower? ha portato alla creazione della fattoria eolica North Hoyle al largo delle coste del Galles. North Hoyle è il secondo esperimento di fattoria eolica offshore nel Regno Unito e produce Juice con il doppio marchio di ?npower? e Greenpeace. David Threlfall, amministratore delegato di ?npower?, in una recente conferenza sulle partnership tra aziende e ong, ha dichiarato che la sua società «non ha sacrificato le performance economiche per allearsi con Greenpeace» e ha parlato del ?terreno comune? che i due partner hanno trovato nel vendere energia eolica. Threlfall ha rivelato che il numero di consumatori di Juice è cresciuto da 5mila a 50mila in cinque anni, molto più di quello che la sua azienda e Greenpeace avevano immaginato. Anche se per Greenpeace l?obiettivo principale dell?alleanza era contribuire a un cambiamento climatico, entrambi i partner hanno sottolineato che il prodotto doveva anche avere un prezzo competitivo per ingolosire i consumatori. Nonostante la sempre maggiore sensibilità verso i cambiamenti climatici, e un grande desiderio di prodotti ?verdi? tra i consumatori, secondo Stephen Tindale, numero uno di Greenpeace UK «i consumatori non dovrebbero pagare un extra per fare la cosa giusta». Secondo Tindale, il principale vantaggio che Greenpeace ha tratto da questa partnership è stato di «portare l?elettricità verde fuori dal ghetto verde». Le due organizzazioni hanno studiato insieme come lanciare il prodotto presso i consumatori. Greenpeace ha pubblicizzato Juice tra i suoi sostenitori senza chiedere alcun compenso per questo. Threlfall ha sottolineato il «serio valore di marchio» che la sua azienda ha ottenuto per aver lavorato con una ong con la buona reputazione di Greenpeace. Senza l?organizzazione ambientalista, ha spiegato, la crescita delle vendite e la fedeltà dei clienti per il prodotto non sarebbero state così alte. L?alleanza tra Greenpeace e ?npower? sembra destinata a durare più a lungo della maggior parte delle partnership tra aziende e ong, che spesso nascono da un atteggiamento filantropico e si esauriscono in poco tempo. La collaborazione con ?npower? è una delle tre partnership col mondo del business siglate da Greenpeace. Le altre due sono state una campagna con la Co-op Bank per rimuovere il pvc dalle sue carte di credito e l?alleanza con Iceland per promuovere i suoi frigidaire ?Kyoto friendly? che non emettono gas serra. Volontà di ?greenwash?? Le partnership tra aziende e ong suscitano critiche sia a destra sia a sinistra. I gruppi di destra, come l?ong di Washington CsrWatch, sostengono che la collaborazione tra il business e gli attivisti mina la democrazia di questi ultimi dal momento che le ong non sono elette da nessuno e non devono rendere conto a nessuno nella maniera in cui sono chiamate a fare le aziende. I gruppi di sinistra sostengono, invece, che in queste alleanze c?è solo la volontà di ?greenwash? delle aziende che cercano di ripulirsi l?immagine senza spendere troppo. Destinare qualche milione di sterline a una ong nel corso degli anni sono noccioline rispetto al costo di un vero cambiamento o di una campagna pubblicitaria globale. Michael Jacobson, del gruppo americano di lobby Centre for Science in the Public Interest, sostiene che «le ong che ricevono fondi dalle aziende di certo non vogliono offendere i loro sostenitori. È naturale». Nonostante le critiche, le partnership tra ong e aziende sono in continuo aumento e molti attivisti sperano di poter cambiare il comportamento delle corporate lavorandoci insieme. Tindale, di Greenpeace, descrive questo tipo di alleanze come difficili. «La chiave del successo della partnership con ?npower?», spiega, «è che il nostro gruppo mantiene la sua indipendenza e che, in nessun modo, sostiene le altre attività e prodotti di ?npower?». Qui italia-A legambiente il 10% di eligent Anche gli ambientalisti italiani entrano nel mercato dell?energia: Legambiente ha infatti acquistato quote di Eligent, una società incorporata lo scorso dicembre da Energia (gruppo Cir) che punta sui servizi per l?efficienza energetica e l?ottimizzazione dei consumi. L?accordo, secondo il direttore di Legambiente, Francesco Ferrante, è «una novità assoluta e una scommessa per affrontare la questione energetica nel Paese». La quota ?verde? è pari al 10% ed è costata 13mila euro, un prezzo di favore, «equivalente», ha spiegato l?ad di Energia, Massimo Orlandi, «a quello catastale per una casa». Legambiente, ha concluso Ferrante, investirà i dividendi per le proprie campagne istituzionali.


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