Sostenibilità

Bruxelles: i marchi dell’equo-solidale a consiglio

''Consiglio politico'' dei vertici di FINE, network tra i marchi di certificazione FLO, IFAT, NEWS e EFTA

di Redazione

Il mondo del commercio equo sta cambiando rapidamente. Se il successo dei prodotti cresce, cresce il numero dei piccoli produttori che vuole entrare nelle filiere protette, ma anche quello degli importatori, dei punti vendita e dei consumatori. Molti attori tradizionali del mercato, come anche le transnazionalipiu’ discusse, premono per entrare e alcune, come Nestle’, gia’ ci sono riuscite. Per questo aumentano anche le spinte sul mondo politico per proteggere e regolare questo ambito a livello legislativo, ma cresce anche la pressione sugli operatori verso garanzie e certificazioni sempre piu’ stringenti. Il terzo giorno e ultimo del ”Consiglio politico” dei vertici di FINE, network costituito tra la piattaforma dei marchi di certificazione Fairtrade Labelling Organizations International (FLO), la rete delle organizzazioni International Fair Trade Association (IFAT), la European Network of the World Shops (NEWS) che rappresenta le Botteghe del mondo, e la European Fair Trade Association (EFTA) che coordina gli importatori, ne dà notizia l’Asca, e’ tutto dedicato agli spazi politici che il commercio equo deve continuare ad agire e a quelli nuovi che ha bisogno di aprirsi, innanzitutti qui a Bruxelles. Se il commercio equo manca, infatti, di un riconoscimento legale, manca pero’ anche di una definizione e criteri operatici chiari ed uniformi, come anche, all’interno del movimento, di un’unanime riconoscimento di alcune regole e alcuni standard. Se IFAT, infatti, promuove tra i suoi membri alcuni standard di organizzazione e di relazione con i produttori, FLO ne promuove altri per concedere il marchio equosolidale ed EFTA altri ancora per i propri produttori, in particolare gli artigiani che per definizione producono spesso pezzi unici, difficilmente standardizzabili. Molte imprese, inoltre, stanno sviluppando proprie linee si prodotti ”sostenibili” da punto di vista ambientale o ”etici” dal punto di vista dei diritti di chi li fa. Ma ”il commercio- spiega Miguel De Clerck, direttore in Belgio di Max Havelaar, la piu’ antica centrale di commercio equo – ha un approccio complesso che combina condizioni di equita’ commerciale con un supporto costante ai produttori, capacity building e un’azione forte di lobby positiva per una giustizia commerciale a livello piu’ generale”. Per questo FINE, oltre a chiedere alla Commissione Europea che riconosca nella sua raccomandazione come commercio equo soltanto questo tipo di filiere distinguendole dalle altre genericamente ”etiche” o ”verdi”, ha deciso di unire gli sforzi e lanciare, dalla seconda meta’ dell’anno, una serie di azioni e di campagne congiunte, a livello europeo, per promuovere la specifica esperienza equosolidale. Primo appuntamento ”Fair Trade at heart’ il congresso internazionale di IFAT, che portera’ a Blankenberge, in Belgio, dal 12 al 17 maggio centinaia tra produttori e importatori di tutto il mondo. Una delegazione chiedera’ di essere ricevuta a Bruxelles da Parlamento e Commissione Europea, per raccontare in prima persona com’e’ cambiata la propria vita nel Fair Trade e gli interventi piu’ urgenti per promuovere queste preziose partnership.

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