Formazione

Brutti, sporchi e cattivi. L’altra faccia dell’Europa

I sobborghi proletari, la campagna, i derelitti e quelli che ce l’hanno fatta: da Dublino a Helsinki personaggi e interpreti della vita sconosciuta del vecchio Continente

di Antonio Autieri

Quali città europee ci ha fatto scoprire il cinema negli ultimi anni? Dopo i film di Ken Loach ci sembra di conoscere i sobborghi operai delle città britanniche, ad esempio la Manchester di Piovono pietre o la Glasgow di La canzone di Carla, ma non è meno indimenticabile la Bristol che Michael Winterbottom fotografa in Go now o la Sheffield di Full Monty, sempre in area ?sobborghi proletari?. Mentre il sovreccitato Trainspotting di Danny Boyle ci ha mostrato le miserie di Edimburgo, anche Londra viene disvelata nei suoi lati peggiori nel drammatico Naked di Mike Leigh. Meno noto, ma da riscoprire, il film in bianco e nero VentiquattroSette, ambientato in una depressa Nottingham. Per l?Irlanda basti l?accenno ai simpatici derelitti di Dublino di The snappers e Due sulla strada, di Stephen Frears. La Francia è ricca di luoghi rinnovati dal cinema: Marsiglia diventa così familiare grazie alle commedie impegnate di Robert Guediguain ma anche al più teso Nenette e Boni di Claire Denis. Spostandoci a Nord, dopo la Helsinki di Aki Kaurismaki (mostrata solo per rapidi cenni anche in Nuvole in viaggio, altro film che parla di disoccupazione), un?inedita Oslo appare in tutto il suo squallore in Posta celere di Pal Sletaune. Sobborghi miseri, personaggi derelitti, disagio sociale: tutto il mondo è paese. Della Germania, paese ormai cinematograficamente povero, si ricorda con piacere il mediometraggio Donne senza trucco, che ci regala qualche scorcio di Francoforte e la storia di due amiche in cerca di felicità. Infine, per rappresentare l?Est europeo, la Praga di Kolya: che ci ricorda non solo la fine del comunismo ma anche i problemi dei bambini sballottati da genitori distratti. E in Italia? Limitiamoci alla Livorno di Paolo Virzì (La bella vita, Ovosodo, Baci e abbracci), uno dei pochi nostri registi che non si vergogna a parlare di fabbriche e casolari di campagna.

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