Famiglia

Brutta pioggia sul Molise

Terremoto. Antonio Di Pietro attacca la scelta del sindaco di San Giuliano di distribuire i soldi delle raccolte: «Quei soldi dovevano servire a costruire il futuro. Invece è mancato un progetto»

di Ettore Colombo

Un?occasione persa per restare nella storia delle ricostruzioni post terremoto, sicuramente. Ma anche e soprattutto una pagina triste, molto triste, per la comunità. Una pagina che parla di resa, di sconfitta, di impotenza. Delle istituzioni pubbliche locali come di quelle nazionali. Antonio Di Pietro, che raggiungiamo proprio mentre sta partendo per Pescara in aereo per poi proseguire verso Termoli e la sua regione d?origine, ha come un moto di malinconia nel commentare con Vita la notizia che la gara di solidarietà tra tanti privati cittadini nei confronti dei parenti delle vittime, sia finita, in soli tre anni, dai doverosi risarcimenti a un dolore irrisarcibile in un gettito ?a pioggia? nei confronti di tutta la popolazione di San Giuliano. E cioè anche nelle tasche di chi, con quella tragedia, non c?entra un bel nulla (per sua fortuna, peraltro).

La decisione di distribuire 2.250 euro a testa – sugli oltre 12 milioni 253mila euro raccolti dalle sottoscrizioni private (per non dire dei 320 milioni stanziati da tre leggi Finanziarie e dai 21mila euro messi a disposizione dalla Regione Molise) ad ognuno dei cittadini di San Giuliano è stata presa dalla nuova amministrazione comunale, però. Guidata dal sindaco Luigi Barbieri, subentrato – dopo una campagna elettorale condotta, purtroppo, senza esclusioni di colpi – al sindaco della tragedia, Antonio Borrelli. Che nel crollo della scuola perse una figlia ma che figura anche tra i responsabili del disastro, almeno a stare ai rinvii a giudizio decisi dalla procura della Repubblica di Larino che indaga sulle cause di quel maledetto 31 ottobre 2002.

Vita: Senatore, che effetto le fa, questa notizia?
Antonio Di Pietro: Un effetto terribile. Si tratta di un?occasione persa, anzi, di più. Vedo un doppio errore, infatti. Sovvenzionare a pioggia tutta San Giuliano, anche chi non ha diritto ad essere risarcito, non serve a nessuno, in quanto non arricchisce di certo chi prende quelle poche migliaia di euro di cui si parla e non riscatta dal dramma accaduto tre anni fa. Bisogna costruire, con quei soldi – e sto parlando, badi bene, delle sottoscrizioni dei privati, non certo di quelle statali o regionali – un?opera pubblica. Un teatro, una piazza, una chiesa. Oppure una borsa di studio per i sangiulianesi del futuro. E meglio ancora sarebbe stato farlo tramite una fondazione, una joint venture tra pubblico e privato.

Vita: Di chi la colpa? Dell?amministrazione? Della società civile che non c?è? Della furbizia italica?
Di Pietro: Una cosa deve essere chiara, e ci tengo molto a dirla. Il Molise non è l?Irpinia. Non stiamo parlando di mazzette finite nelle tasche di politici corrotti. Stiamo parlando di ritardi e inefficienze gravi, ma all?interno di una classe politica locale che non viene mai sostenuta né aiutata a crescere. Molto è stato fatto non solo ?per? i molisani, in Italia e nel mondo, come gara di solidarietà, ma anche ?dai? molisani. Specialmente nell?emergenza della prima ora, nella prima e seconda ricostruzione dei luoghi colpiti. Ecco perché, almeno io, la croce sull?amministrazione comunale non voglio proprio buttarla.

Vita: Che cosa è mancato allora?
Di Pietro: è mancato un progetto, invece, questo sì. Un progetto dentro il quale bisognava coinvolgere tutte le parti e istituzioni locali interessate: Comune, Provincia, Regione e anche e soprattutto lo Stato. Penso, in particolare, al ministero della Pubblica istruzione, che latita anche su un altro aspetto della tragedia: le responsabilità penali e civili statali, all?interno della ricerca delle cause del crollo della Jovine.

Vita: In che senso, mi scusi?
Di Pietro: Come sa, sono l?avvocato dei parenti delle vittime del crollo, li rappresento nel processo che si aprirà e che ha visto da poco il rinvio a giudizio di una serie di responsabili tecnici e politici, per la morte di quei bambini. E, in questo processo, c?è un grande assente, lo Stato. Senza un terremoto ma per qualsiasi altra causa di sciagura naturale, infatti, quella scuola sarebbe crollata comunque. Non si tratta del destino cinico e baro, dunque, ma di responsabilità ben precise. Di chi l?ha costruito e di chi ha concesso le licenze per edificarla o per non puntellarla su quel terreno, certo, ma anche di chi non ha controllato, non ha vidimato, non ha eseguito i dovuti controlli di stabilità e di sicurezza. Cioè il ministero dell?Istruzione, cioè lo Stato. Fin quando i nostri bambini andranno in scuole pubbliche, queste devono essere sicure. Altrimenti qualcuno non sta facendo il suo dovere.

La svolta nell’inchiesta
Una scuola a rischio non solo sismico

San Giuliano di Puglia: a tre anni dal terremoto, l?inchiesta giudiziaria sembra esser stata sbloccata grazie ai sei rinvii a giudizio decisi dal Gup del Tribunale di Larino (Campobasso), sede della procura della Repubblica titolare dell?inchiesta sul crollo che provocò la morte di 27 bambini e di una loro insegnante. Secondo la procura la scuola sarebbe crollata perché costruita senza il rispetto di molte norme. Per il procuratore Vincenzo Magrone mancava di ogni tipo di certificato di agibilità, per la sopraelevazione fatta non esistono calcoli statici, esame dei materiali usati, attestazioni di legge. Per il giudice Magrone, si tratta di «un omicidio colposo fino ad un certo punto. Il collaudo della scuola mancava ed è stato messo tra le carte un atto che doveva avere l?aria del collaudo, ma non lo era». Per il presidente del comitato delle vittime di San Giuliano, Antonio Morelli, invece, i rinvii a giudizio sono «la risposta migliore a quelli che per tre anni hanno mentito sapendo di mentire».

Il ritardo è dovuto all??espletamento? di una perizia tecnica fatta compiere, su richiesta dei difensori degli indagati, dal Gip: i periti avrebbero dovuto impiegare 90 giorni per i loro esami e invece è servito oltre un anno e mezzo. Certo, dice bene una delle madri delle piccole vittime di San Giuliano, Adriana Ferrucci, «sarà una magra consolazione anche vederli in galera, gli accusati: nessuno potrà mai ridarci i nostri figli».

La reazione della Protezione civile
Bertolaso è arrabbiato ma non lo dice

di Sara De Carli

Ha parlato Carmela Ferrante, mamma di una delle vittime. Si è detta «mortificata per tale obbrobriosa decisione». Ha parlato il parroco, che ha sottolineato come i donatori avessero destinato i soldi ad altri scopi. Sul caso di San Giuliano e sul bonus di 2.250 euro piovuti nelle tasche di ogni cittadino, senza vincolo di destinazione, non parla invece la Protezione civile. Non parla se non per dire che la notizia del Corriere – quella per cui lo scorso marzo, quando il sindaco Barbieri fu autorizzato a utilizzare i fondi non vincolati, Guido Bertolaso suggerì di evitare almeno il bonus ai morti di morte naturale – non è stata smentita. E per ricordare che «i 12milioni e rotti euro raccolti dalla sottoscrizione del Tg5 e Corriere della sera, destinati in toto alla Protezione civile, sono stati utilizzati fino all?ultimo centesimo per la costruzione del villaggio provvisorio». Ma non c?è bisogno di regolamentare la cosa? Bertolaso, nel 2003, si era detto favorevole a un registro pubblico dei conti correnti per raccolte fondi in caso di emergenze, oggi al dipartimento sono più scettici: «Un?authority per le donazioni sarebbe una bella idea, ma quanti sarebbero disposti a sottostare alle sue regole? Il criterio è sempre la credibilità di chi promuove la sottoscrizione. È questo promotore ad essere responsabile di come vengono spesi i soldi. Il rischio è di creare intoppi burocratici che generano lungaggini e rendono difficile spendere gli aiuti».

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