Welfare

Brunetta, il reclutamento e il suggeritore

di Carlo Giacobini

Personalmente non mi sono mai accodato alle pedisseque e pregiudiziali critiche al professor Renato Brunetta nemmeno al tempo della sua precedente esperienza ministeriale, oggetto di aspre critiche cui oppose altrettanta veemente determinazione. Che avesse tutte le ragioni o meno qui poco conta: di certo andava a toccare un comparto, quello della Pubblica Amministrazione, tutt’altro che scevro da disfunzioni, storture, lentezze, ma anche lobby consolidate. Una patata quanto meno bollente.

Sarà per comune provenienza territoriale – anche se lui è veneto d’acqua e io di “campagna” come i veneziani definiscono chiunque stia al di là del Ponte della Libertà – sarà per rispetto verso chi si è confrontato alla pari con i più quotati giuslavoristi (da Giugni in giù) dell’ultimo cinquantennio, sarà per il riconoscimento del suo profilo comunque di studioso, sarà per la solidarietà immediata per chi è oggetto di body shaming ancor più odioso quando proviene dal nostro “mondo, l’effetto finale non è di antipatia o prevenuta avversione. Al contrario il suo rating fra le persone con disabilità non è uno dei più elevati.

Soprattutto per quest’ultima evidenza sommessamente osservo che negli ultimi giorni si è purtroppo perso l’occasione di risalire quell’ideale classifica colmando vuoti politici di suoi colleghi di Governo, illuminando coni di ombra (se non di buio pesto), sfruttando la visibilità per investire qualche parola su temi sensibili.

Quell’occasione straordinaria ce l’ha avuta la scorsa settimana nell’attesa conferenza stampa di presentazione dello strategico decreto legge, giustappunto appena approvato in Consiglio dei Ministri, dall’ambizioso titolo “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”

Nella conferenza stampa il professor Brunetta è apparso convincente, appassionato, chiaro negli obiettivi e nella sottolineatura che senza un intervento strutturale sulla Pubblica amministrazione il PNRR e il Paese stesso non vanno da nessuna parte e visti i quattrini a disposizione è oggi possibile ciò che ieri era solo una chimera. Non abbiamo ragioni per dissentire, anzi.

E quando si profilano assunzioni (16.500 solo nell’amministrazione della Giustizia), selezioni di profili dirigenziali e non, realizzazione di piattaforme per il reclutamento di figure professionali esperte, aumento delle retribuzioni e revisione dei criteri premiali, sblocco del turn over, alleggerimento dei percorsi concorsuali, l’interessata attenzione non può che elevarsi al suo acme.

In tutti questi passaggi, densi di ricadute, il ministro Brunetta ha perso, sicuramente per l’assenza di un buon suggeritore, l’epica occasione di riferirsi al tema dei lavoratori, attuali e futuri, con disabilità. Ne avrebbe tratto immediato lustro anche per il sostanziale vuoto politico che deriva dalla debolezza del PNNR in materia di disabilità in generale e di disabilità in particolare. E i vuoti in politica vanno occupati prima che lo facciano altri.
E sì che di ganci ce n’erano. Chessò: bastava anche una battuta per preconizzare lo scenario che le nuove assunzioni aiuteranno a colmare le 32.847 scoperture (cifra forse sottostimata ma certifica nell’ultima relazione al Parlamento), cioè di quelle situazioni in cui la stessa Pubblica amministrazione non rispetta le regole della legge 68/1999 sul collocamento dei lavoratori con disabilità. Oppure che nella Piattaforma per il reclutamento potranno essere inseriti anche dati relativi alla disabilità del candidato.

Oppure era l’occasione per chiarire le nuove modalità concorsuali precisando il permanere delle garanzie per le persone con disabilità già previste da consolidate norme.

Per dire … l’ultimo Protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici (fine marzo) emanato del Dipartimento della Funzione Pubblica, prevede che “in ogni caso, le prove selettive in presenza dovranno avere una durata massima di 60 minuti”, scordando di precisare che – per legge – i candidati con disabilità possono chiedere tempi aggiuntivi. Una dimenticanza involontaria – vogliamo crederlo – ma anche un’occasione, precisandolo, di un buon messaggio. Al professor Brunetta nessuno gliel’ha segnalato, scordando anche che i candidati con disabilità, dal 2015, sono esentati dalle prove preselettive.

Anche un’altra sottolineatura poteva alzare l’indice di gradimento. Il recente decreto Sostegni bis (decreto legge 44, legge 76) entra anch’esso nel merito dei concorsi pubblici, rendendoli più agili e snelli e ammettendo il ricorso a “strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l'adozione di soluzioni tecniche che ne assicurino la pubblicità, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali”. Beh … due parole anche sull’obbligatorio rispetto dei criteri (UE) di accessibilità di quelle soluzioni, avrebbero restituito lustro e merito al Ministro e, per riverbero, all’intera compagine dei ministri (con e senza portafoglio).

E da un ultimo il tocco più audace, ma latore di apprezzamento diffuso, sarebbe stata una chiosa sul Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, impegno sottoscritto a marzo dalle Organizzazioni Sindacali, dal Presidente del Consiglio e dallo stesso Renato Brunetta in qualità di ministro per la Pubblica Amministrazione. Un documento denso di risvolti, ragionato, attento alle parte contrattuali e alle nuove peculiarità dell’organizzazione del lavoro (esempio regolazione dello smart working) e con un punto dedicato persino all’incentivo al welfare contrattuale con sostegno alla genitorialità. Purtroppo mancano riferimenti, anche marginali, alle condizioni dei lavoratori con disabilità, al mantenimento del posto di lavoro, alle forme di flessibilità e di conciliazione dei tempi di cura e di lavoro. Qui il Ministro poteva giocare l’asso di bastoni: bastava una battuta, di cui il professore è gustosamente prodigo, da trasformare poi in atti.

E niente: al professor Brunetta manca un buon suggeritore.
O forse una suggeritrice.

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