Brindisi: allarme Legambiente per rigassificatore

“E’ veramente curioso il modo in cui la British Gas Italia calcola i futuri occupati dell’impianto di rigassificazione di Brindisi. La creazione annunciata di 250 posti di lavoro difficilmente potrà corrispondere a verità, perché un terminale come quello che si vuole costruire a Brindisi non impiega, in media, più di una quarantina di persone. Tutti quei posti di lavoro sono un’illusione”. Commenta così Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, l’odierno parere favorevole della Conferenza dei servizi al progetto di rigassificatore presentato dalla British Gas per il porto di Brindisi. “Un progetto pericoloso che viene approvato secondo una procedura assolutamente approssimativa: riteniamo infatti scorretto lo svolgimento della Conferenza dei servizi – aggiunge Ferrante – in quanto l’iter relativo alle analisi preliminari per la bonifica dei siti inquinati e quello per la valutazione d’impatto ambientale, affidate alla stessa British Gas, ci paiono viziate da un evidente conflitto d’interesse. Siamo seriamente preoccupati per il futuro di Brindisi perché siamo di fronte a un caso esemplare di come il pressappochismo e forse la presenza di interessi occulti possano trasformare una reale necessità del Paese, quella di un nuovo terminal metanifero, in una iattura”. Una vicenda curiosa, quella del Terminale di rigassificazione di Brindisi firmato British gas che comincia già dalla caratterizzazione (le analisi preliminari alla bonifica dei siti inquinati di rilevanza nazione, come prevede la normativa): le analisi infatti, prima ancora che l’area dove la British Gas vorrebbe l’impianto le sia stata concessa, sono state affidate appunto alla impresa inglese. Inoltre: la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale è stata realizzata senza contestualizzare l’impianto e la relativa movimentazione di sostanze nell’attuale e futuro traffico di merci del porto di Brindisi: il rigassificatore dovrebbe movimentare 8 miliardi di metri cubi l?anno di metano, comportando la presenza in un anno di circa 110 navi da 130-140 mila tonnellate. “Come si può prescindere dai rischi legati alla presenza nel porto di altre imbarcazioni e containers contenenti sostanze spesso pericolose? Il rischio di incidente rilevante aumenterebbe in maniera inaccettabile”. A quanto ci risulta poi – si legge ancora nella nota – è stata richiesta l?esclusione di colmata e pontile, opere connesse all?impianto di rigassificazione, dalla procedura di VIA, coll’argomentazione che le due opere sarebbero, secondo quanto affermato da British Gas, già contenute nel Piano Regolatore Portuale del 1975, attualmente in vigore”. Non è vero che il pontile sia previsto dal Piano; e per quel che riguarda la colmata (interramento di tratto di mare) pur prevista nel Piano del ’75, “c’è una sentenza della Corte di Giustizia Europea (VI Sezione, procedimento C-81/96 del 18 giugno 1998) in merito ad un caso analogo relativo ad un?opera pianificata, ma non realizzata, prima dell?entrata in vigore della normativa di Valutazione di Impatto Ambientale, che rende tuttavia obbligatoria la procedura.” La richiesta di esclusione dalla Via è dunque, secondo Legambiente, inopportuna e pericolosa. “Ecco perché – prosegue il direttore di Legambiente – seguiremo con attenzione gli ulteriori sviluppi della vicenda e utilizzeremo tutti gli strumenti in nostro possesso, compreso se necessario il ricorso alla Corte di Giustizia europea, per ostacolare la realizzazione del progetto”.