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Brian, l’implacabile

Black Dahlia: il nuovo De Palma all’insegna di Hitchcock

di Maurizio Regosa

In una parola, implacabile. Lo stile di Brian De Palma non lascia il tempo per respirare, per cercare la caramella nella tasca della giacca, per sbirciare l?orologio. Fra movimenti di macchina (virtuosistici alcuni, specie quelli verticali sulla gru), stacchi di montaggio che producono contrasti mozzafiato, dettagli che sono lì evidentemente per impressionarti o per farti capire (sì, ma cosa?), non hai davvero le energie per distrarti.

Come se non bastasse la sceneggiatura di questo noir tratto dall’omonimo romanzo di James Ellroy è serratissima: al primo omicidio ne seguono non so più quanti, attraverso colpi di scena non proprio prevedibili (sì è vero, alcuni sono credibilmente e pienamente motivati, ma non cerchiamo il pelo nell?uovo) e seguendo un filo rosso che ha il sapore della letteratura del secolo scorso.

Giacché gli eroi della storia, autentici ?divi? della Omicidi, sono due ex pugili, entrambi con un passato non cristallino, affascinanti ma ambigui: ciascuno ha qualcosa da nascondere, ogni scelta è determinata da ragioni diverse e a pesare di più è spesso la motivazione che non si deve raccontare. Fra loro, un?amicizia virile fatta di rispetto, di rivalità inevitabile e di ammirazione; nonché una donna affascinante che sta con uno dei due ma brinda alla sorte di entrambi e ha un passato nel quale è pericoloso specchiarsi (Scarlett Johansson). Tutt?attorno, personaggi che pasturano fra le luci e le ombre, dato che – come vuole la miglior tradizione hitchcockiana – non si salva proprio nessuno.

Vi è però un aspetto nel quale De Palma si distingue dall?amato maestro. Non la persuasione che il mondo sia attraversato dalla ?lotta? fra il bene e il male, che appartengono al destino di tutti, quanto l?idea che l?universo sia soprattutto un palcoscenico (nella rappresentazione del quale esercitare, esibendola, la propria bravura), che tutto sia equivalente e gratuito, risultato di una combinazione beffarda e che si prende gioco degli uomini. Fino a che punto queste siano vere intuizioni, a ognuno spetta deciderlo. A me pare che lo siano solo in parte (non a caso per De Palma è stata coniata l?espressione «voluta inconsistenza»). Ma pure mi sembra che in fondo anche queste categorie siano funzionali all?autore di Gli intoccabili per rafforzare l?idea del teatrino, probabilmente la sola che gli stia a cuore. Assieme all?altra dello spettacolo puro, nutrito di citazioni e saldato dal voyeurismo, che si avvale di una ricostruzione impeccabile, di attori tutti ben scelti, di costumi e di una scenografia molto buoni.

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