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Brevetti, ora viene il bello

A Strasburgo un voto storico. Ora l'open source deve passare dalla contestazione alla proposta

di Riccardo Bagnato

Un francese, uno svizzero e un italiano: no, non è una barzelletta. Tutt?al più ci si potrà rallegrare della decisione che il Parlamento europeo ha preso il 6 luglio scorso a proposito della direttiva Com (2002) 92 sulla brevettibilità dei processi informatici: 648 contro, 14 favorevoli, 18 gli astenuti. Così, per capire cosa è successo davvero non si poteva che coinvolgere gli stessi europei: un imprenditore, quindi, a capo del dipartimento generale per la Società dell?informazione presso la Commissione europea fino al 2003, il francese Philippe Aigrain. Un politico, il senatore verde, Fiorello Cortiana, nonché delegato italiano al World Summit on the Information Society dell?ONU. E un funzionario europeo, il portavoce dell?Ufficio europeo brevetti di Monaco, Herr Rainer Osterwalder. Da tre anni circa si fronteggiano infatti, da un lato, la grande industria (Microsoft, Motorola, Nokia, Siemens, Philips, Sony fra le tante), dall?altro, le piccole e medie imprese e la comunità «open source». In mezzo: il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio dei Ministri europei. I quali, sin dal 2002, hanno deciso di rimettere mano alla Convenzione sui brevetti del 1973, proponendo una direttiva che tenesse conto degli enormi cambiamenti in ambito informatico prodotti negli ultimi 30 anni. Peccato che sulla strada, Commissione e Consiglio abbiano trovato proprio il Parlamento europeo. Già nel settembre del 2003, infatti, ?il Parlamento Europeo, in prima lettura, aveva emendato fino a stravolgerla la proposta, eppure il Consiglio dei Ministri europei non aveva tenuto in alcuna considerazione le modifiche apportate al testo e lo aveva presentato ulteriormente peggiorato, se possibile, per la seconda lettura? afferma Cortiana. Allora come adesso, università, imprese e semplici cittadini erano stati in grado di convincere i parlamentari europei dell?insensatezza di tale direttiva. In essa si ravvisava il pericolo di favorire le grandi multinazionali del software, che tendono a usare i brevetti come ?asset? azionari da fare pesare nei bilanci societari, indipendentemente dal valore effettivo e dalla loro esigibilità: una rendita di posizione insomma, ma che solo pochi si sarebbero potuti permettere a discapito di innovazione e conoscenza. Eggià, perché se da un lato si trattava di strategie economiche, dall?altro si intendeva ampliare il concetto di brevetto fino a consentire la brevettibilità di sequenze di codici e algoritmi. Cosicché non sarebbero più stato possibile usare tali sequenze per sviluppare nuovi software, senza incorrere – spesso inconsapevolmente – nei divieti della tutela brevettuale. ?In Francia? dove la questione è particolarmente sentita ?il 25 giugno è stato addirittura presentato un rapporto da parte dei deputati Daniel Garrigue (centrodestra) e Christian Paul (centrosinistra)? dice Aigrain. E continua: ?Non c?è ombra di dubbio che la crisi delle istituzioni europee può aver influenzato il voto massiccio del Parlamento contro la direttiva. Non è vero infatti che tutti i 648 parlamentari fossero contro, ma visto che la maggioranza sufficiente per bocciare la direttiva era stata raggiunta, molti hanno deciso di sostenerla per mandare un messaggio a Commissione e Consiglio dei ministri?. E ora? Cosa succede? ?Adesso bisogna vedere come recepirà questo messaggio l?Ufficio europeo dei brevetti che, però, trattandosi di un?agenzia istituita per mezzo di un trattato fra gli Stati membri, temo ne prenderà semplicemente atto e continuerà a fare quello che fa da anni: garantire i brevetti a chi paga. Tanto più che non ricevendo finanziamenti pubblici, l?unico suo sostentamento economico sono proprio i brevetti?. Un conflitto di interessi, insomma, di cui abbiamo chiesto spiegazioni a Osterwalder, portavoce dell?Epo: ?E? vero, ma i soldi in realtà vanno ai singoli Stati e in misura ridotta all?Epo?. Ma i brevetti che sono stati rilasciati in questi anni? E adesso che la direttiva è definitivamente accantonata? ?Noi ci siamo sempre attenuti alla Convenzione del ?73 e continueremo a farlo. Perché vede, il problema è che non essendo noi una istituzione comunitaria abbiamo bisogno di una legge per modificare il nostro comportamento. In assenza della quale possiamo solo prendere atto delle decisioni?. E? certo che un?agenzia di 6000 anime, di cui il 25% sono tedeschi, il 17% francesi, l?11% olandesi, 9% inglesi e il 7% italiani, non deve costare poco. Tanto più che negli ultimi anni ha rilasciato brevetti a società statunitensi per il 26,4%, a realtà tedesche per il 19%, il 16,6% ad aziende giapponesi e solo il 3,2% a società italiane. Chi ha le idee chiare però è Cortiana, fra i politici italiani che più si sono spesi in materia: ?Quello di oggi e? un risultato enorme, frutto di un intenso lavoro per la libertà e per costruire la società della condivisione della conoscenza: va capitalizzato con un aspetto propositivo che raccolga le opportunità imprenditoriali, sociali e civiche?. ?Dopo questa vitale vittoria? conclude Cortiana ?che dà fiato al nostro sistema delle imprese, dobbiamo avviare il processo che porti alla costruzione di una direttiva che valorizzi il software libero, le creative commons e la libera condivisione del sapere.? Appuntamento quindi ad una nuova direttiva: questa volta, però, da approvare. Input: European Patent Convention: www.european-patent-office.org/legal/epc/ Rapporto Garrigue-Paul: www.assemblee-nationale.fr/12/europe/rap-info/i2426.asp Creative Commons: www.creativecommons.it Foundation for a Free Information Infrastructure: www.ffii.org


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