Sostenibilità

Brescia, Ischia, Delta Po: la nostra prima linea di guardie volontarie

In molte zone d’Italia è una tradizione: sparare (e anche usare trappole) in ogni periodo e a ogni specie, anche protetta (di Daniele Colombo).

di Redazione

La parola stessa sembra d?altri tempi: «bracconaggio» fa pensare quasi a «banditismo», a epoche remote dove nelle campagne e sui monti si cercava di sbarcare il lunario in qualche maniera. Impressione sbagliata e pericolosa, perché il bracconaggio è un?attività ancora viva e diffusa, diventata semmai solo più odiosa e dannosa. Odiosa perché non esistono più le motivazioni umane che spingevano nel passato povera gente a cercare del cibo con cui sfamare le proprie famiglie, con ogni mezzo, a volte sfidando assurdi privilegi sociali. Dannosa perché il patrimonio di fauna su cui avviene questo prelievo è sempre più ridotto ai minimi termini e deve essere tutelato, non depredato.Il bracconaggio permea l?attività venatoria che in Italia è disciplinata da leggi specifiche, che discendono a loro volta da norme europee ed accordi internazionali, e che pongono la tutela della fauna come obiettivo primario.La caccia è un?eccezione con precisi limiti di specie cacciabili, tempi, luoghi, modalità. Chiunque violi queste limitazioni commette un atto di bracconaggio. E le violazioni sono all?ordine del giorno. Ben lo sanno le quasi 300 guardie volontarie del WWF che in tutta Italia svolgono funzioni di vigilanza venatoria e che operano per prevenire e reprimere i comportamenti venatori illeciti.Ma a volte basta leggere la cronaca con attenzione per percepire la diffusione e la gravità del fenomeno: solo negli ultimi mesi sono stati registrati in Italia quasi dieci abbattimenti di aquile reali, dal Trentino alla Sicilia, dal Piemonte alla Sardegna, dalla Lombardia alla Calabria. Eppure si tratta di un animale super protetto dalla legge, inconfondibile con specie cacciabili, addirittura una «specie bandiera» che qualifica e valorizza il territorio in cui vive. Ma per alcuni cacciatori solo un bersaglio cui tirare o, peggio ancora, un animale «nocivo» da eliminare.Vi sono poi dei punti focali dove il bracconaggio in Italia non si limita a comportamenti devianti e irresponsabili, ma è abitudine, sottocultura, «tradizione». Brescia primeggia in questo panorama: il bracconaggio con le trappole (reti, archetti, vischio, trappole a scatto) è estremamente diffuso così come una concezione della caccia per cui l?uomo col fucile abbatte quello che gli pare nella sua virile sindrome di onnipotenza. Un bracconaggio che punta tanto agli animali vivi (da vendere come richiami ad altri cacciatori che praticano la caccia da appostamento) quanto a quelli morti (da vendere ai ristoranti o da consumare direttamente per la preparazione di piatti tradizionali). L?effetto peggiore della diffusione del fenomeno bracconaggio è il suo peso politico: la caccia a Brescia è indiscutibile, tutti i politici a livello provinciale – e spesso regionale – fanno quadrato e la difendono, qualunque cosa faccia o dica, per il suo peso economico ed elettorale.Sempre a Nord non possiamo non citare il Delta del Po dove, soprattutto nelle riserve private di caccia, si perpetrano ogni anno stragi immani di anatre al di fuori di qualsiasi controllo, come non possiamo dimenticare Ischia e le isole campane e laziali, dove si concentra il bracconaggio ai danni degli uccelli migratori durante il passo primaverile. Una caccia illegale e insensata, perché va a colpire animali che si devono ancora riprodurre e quindi rinnovare ed incrementare la popolazione: non è un caso che la caccia legale avvenga solo in autunno/inverno, quando le popolazioni animali sono al loro massimo numerico, dopo la riproduzione estiva. E non si può certo dimenticare lo Sardegna, dove soprattutto nel Sulcis l?uccellagione è una piaga di proporzioni enormi. Qui il bracconaggio agli ungulati (cinghiali e cervi) assume spesso vere e proprie forme criminali con l?utilizzo di polpette esplosive e «tubi fucile» innescati lungo i sentieri. E infine lo stretto di Messina. Non è un caso che le guardie volontarie del WWF proprio a Brescia e Ischia organizzino annualmente dei campi antibracconaggio, rispettivamente in autunno e primavera, per contrastare le manifestazioni più clamorose e vergognose del fenomeno. Un impegno costante a tutela della fauna selvatica affinché il bracconaggio in Italia diventi davvero un brutto ricordo confinato esclusivamente al passato.

Daniele Colombo
Vigilanza volontaria WWF Italia

Tutelafauna

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