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Brennero: i profughi che dall’Austria ritornano in Italia

Niente situazione emergenziale e nessun bisogno di spiegare l’esercito al Brennero. Il cancelliere austriaco Christian Kern ha rassicurato tutti, smentendo la promessa fatta dal ministro dell’Interno del Paese di spiegare l’esercito al confine. Secondo Caritas, invece, c’è un altro fenomeno: i migranti respinti dal nord Europa e costretti a tornare in Italia

di Ottavia Spaggiari

“L’Austria non ricorrerà all’esercito”. Il cancelliere austriaco Christian Kern ha rassicurato tutti, smentendo gli annunci fatti martedì dal ministro dell’Interno del Paese, che prometteva di spiegare le forze armate per fermare l’ondata di profughi proveniente dall’Italia, anche se, nonostante gli sbarchi degli ultimi giorni, questa ondata non esiste, come ci racconta Luigi Gallo, responsabile dell’ufficio consulenza ai profughi della Caritas di Bolzano.

Com’è la situazione?

In realtà al momento non ci sono cambiamenti rispetto al solito. L’annuncio del ministro della Difesa austriaco di spiegare l’esercito aveva lasciato davvero tutti a bocca aperta. Indipendentemente da come la si pensi, non c’erano davvero gli estremi per spiegare l’esercito. Non possiamo che pensare ad una mossa propagandistica organizzata più che altro per raccogliere consensi in Austria.

Non si può parlare di emergenza quindi?

Non credo che la situazione sia diversa da quella del resto d’Italia. Tra l’altro tutti sanno che attraversare la frontiera per i profughi è difficilissimo. Quello a cui assistiamo noi è un fenomeno molto diverso, di cui si parla molto poco, ovvero il ritorno dei profughi dal Nord Europa. Un viaggio al contrario, dovuto a due fattori principali: il trattato di Dublino (che obbliga i profughi a chiedere asilo nel primo Paese d’ingresso), oppure il rifiuto della domanda d’asilo. Sta succedendo moltissimo con gli afghani, dopo l’accordo stipulato tra Germania e Afghanistan, la loro richiesta di protezione internazionale viene respinta, mentre in Italia, a ragione, si riconosce che è ancora un Paese in guerra e fare ritorno comporta rischi gravi per la vita delle persone.

Qual è l’impatto dei nuovi sbarchi sulla Provincia autonoma?

Come previsto dal sistema delle quote stiamo accogliendo diversi autobus di profughi provenienti dal sud Italia. Le persone arrivano in un primo centro, dove poi sono trasferite in altri centri di accoglienza, prevalentemente in periferia. Alcune strutture non sono ancora pronte, c’è un po' di ritardo e l’attenzione è alta ma la Provincia si sta muovendo. La nostra particolarità è che oltre ai richiedenti asilo abbiamo anche i cosiddetti profughi fuori quota, prevalentemente uomini soli, la cui presenza per vari motivi non è stata registrata. Alcuni hanno lasciato il centro in sud Italia prima della registrazione, altri sono arrivati via terra. Loro non rientrano nel circuito di richiesta di protezione internazionale e per questo non hanno diritto ad entrare nei centri d’accoglienza e sono costretti a vivere per strada.

Qual è la percentuale dei profughi che riesce ad arrivare in Austria?

È molto difficile a dirsi ma si tratta di numeri piccoli, non c’è l’esodo di cui si è parlato. La maggior parte delle persone che arrivano qui rientrano nel sistema di accoglienza. Tutt’ora che entrano nei centri e fanno il procedimento per la richiesta d’asilo restano qui. Ripartire non conviene nemmeno a loro sarebbe masochista.

Perché allora la minaccia di schierare l’esercito?

Ancora, leggendo i giornali, non posso che trovarmi d’accordo con chi pensa che questa sia solo una mossa politica per questioni interne. Non vedo altre spiegazioni.

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