Costrette a vivere in alveari improbabili alla periferia di Roma, in condomini punteggiati di padelle satellitari, in appartamenti di 10 metri quadrati dove ricevere clienti in cerca di trasgressioni o più semplicemente di qualche attenzione o carezza, sia pure a pagamento, le trans, popolazione invisibile per eccellenza, sono state negli ultimi 50 giorni di cronaca italiana, le ospiti più contese dei talk show televisivi.
Un’esposizione mediatica che ha reso familiari, persino alla nostra fantasia, Natalie, China, Michelle e Brenda, morta in circostanze non ancora chiarite lo scorso 20 novembre nel suo loculo in via Due Ponti. Sappiamo tutto di loro, o almeno pensiamo di saperlo, intervistate sul marciapiede o ospitate in versione “gran spolvero” nei salotti televisivi praticamente ogni giorno dal 23 ottobre scorso, giorno in cui un ancora strafottente Marrazzo uscì dal primo interrogatorio con i magistrati. Da allora, questa popolazione invisibile alla cronaca e alla luce del giorno, e clandestina per la legge italiana, è come avesse preso cittadinanza e parola nel regno della rappresentazione per eccellenza, la televisione e i media. Le abbiamo conosciute una per una, abbiamo conosciuto le amiche, persino una madre, quella di Brenda, venuta dal Brasile e subito ospitata a Porta a Porta, in “esclusiva”. Eppure, è come se la luce dei riflettori delle tv avesse, una volta di più, negato il racconto della realtà, l’emersione di tutto lo spessore reale di dolore e di sofferenza, di regole coatte a cui la loro vita di prostituzione si deve piegare, e, diciamolo, di degrado psichico schiacciate come sono tra le voglie dei clienti e le dure logiche della criminalità e dello spaccio di sostanze. La tv si accontenta del clamore di una storia di politica-sesso e cocaina, si accontenta di esibire i risultati più o meno convincenti della metamorfosi possibile, quella ottenuta attraverso la chimica del silicone e la chirurgia plastica, gode nell’esibire l’ambiguità sessuale che promette di soddisfare ogni tentazione. Così la luce accesa sulle trans di Roma è stata una doppia sconcezza, di segno contrario ma sostanzialmente uguale al silenzio. Si è passati repentinamente dall’invisibilità al protagonismo senza colpo ferire, senza una domanda vera, un giudizio, un po’ di umana pietà. Solo un ingrediente buono per la battaglia politica o per la dose quotidiana di buoni, quanto inutili, sentimenti. Tra poco i riflettori si spegneranno e le transessuali riprenderanno a popolare, clandestinamente, le notti delle principali città italiane. Senza che questo Paese si sia fatto una domanda degna di una risposta. Si parla di oltre 15mila trans in Italia, ma il loro numero potrebbe essere molto più alto. Una buona percentuale delle prostitute trans arriva in Italia dal Brasile, in particolare da Rio dei Janeiro, dalle favelas della regione, dove specie negli ultimi anni la violenza dei narcotrafficanti e della polizia corrotta si è inasprita; solo lo scorso anno nello stato di Rio ne sono state assassinate oltre 7mila. Un clima di terrore che le trans conoscono molto bene, ora anche da noi: Brenda è la sesta trans uccisa quest’anno. Altro che chiacchierate affettuose da talk show. Con buona pace del giornalismo e della politica protagonisti dell’ennesimo, pietoso, spettacolo.
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