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Bravo Fini, salva la politica dai media

Andrea Olivero, presidente delle Acli: perché stimiamo Gianfranco

di Giuseppe Frangi

«Non è solo convergenza su certi temi. È l’idea di incoraggiare una partecipazione civica che ci trova d’accordo. E anche il Pdl capirà…» Il 12 febbraio del 2009, il web magazine di Fare Futuro, l’attivismo think tank di Gianfranco Fini, pubblicava una lunga intervista ad Andrea Olivero, presidente delle Acli. Titolo: «Il Paese ha un bisogno disperato di sussidiarietà e senso civico». Sette mesi dopo era il presidente della Camera a presentarsi in casa aclista in occasione dell’assemblea nazionale. Il discorso del leader del Pdl conquistò la prima pagina dei giornali, perché lanciava l’idea del voto agli immigrati per le elezioni locali. Era nato un filo diretto che avrà un altro appuntamento il 7 maggio, quando il presidente della Camera sarà a Tirana per la presentazione dei progetti di sviluppo realizzati dalle Acli e dal suo patronato. «Con Fini c’è un dialogo vero, che non bada solo alla rendita immediata, ma guarda lontano», spiega a Vita Andrea Olivero.
Vita:Immigrazione, quoziente familiare. L’affinità con il presidente della Camera è nata su temi condivisi?
Andrea Olivero: No, secondo me è nata su un orizzonte più vasto. Poi sono arrivati anche le riflessioni su quei temi, ma prima ci siamo incontrati sulla necessità di trovare nuovi modelli del fare politica. Fini ha capito la necessità di incoraggiare una partecipazione civica, come strumento di stimolo e di coinvolgimento della società civile. Ma anche come strada per acquisire consenso fuori dalle consuete logiche mediatiche.
Vita: Eppure non si può negare che nelle radici culturali di Fini ci sia anche una matrice di autoritarismo. Come si spiega questa svolta “partecipativa”?
Olivero: Lui ha capito che la destra italiana doveva avere il coraggio di trovare nuove strade. Senza l’ansia di un guadagno politico immediato. Il rapporto con le Acli è nato in questa logica. E credo gli sia costato politicamente.
Vita: Trovare nuove strade per la destra. Ci sono affinità tra Fini e il leader inglese Cameron?
Olivero: Ne vedo di più con il primo Sarkozy, quello che aveva preso parte alla commissione Attali. Certo Fini ha in mente un modello europeo, di una destra che mette al centro la sussidiarietà.
Vita: Il presidente della Camera a Perugia ha aperto agli immigrati. Ma intanto la legge in vigore porta il suo nome. Le ha mai confessato qualche imbarazzo?
Olivero: Credo che si sia reso conto dei limiti di quella legge. Il fatto che porti il suo nome affiancato a quello di Bossi oggi fa effetto. Ma lui ha chiara l’idea che quella legge vada riformata.
Vita: Dopo lo scontro frontale con la Lega oggi la riforma è una strada in verticale. Condivide?
Olivero: Purtroppo è così. Ed è un motivo di grande preoccupazione. La dialettica interna al centrodestra si è bloccata e gli spazi di dialogo sembrano chiusi.
Vita: Lo scontro Fini-Bossi non è in realtà una nuova contrapposizione tra Sud e Nord?
Olivero: Non mi pare. Fini porta un’istanza di libertà e di dialettica dentro il Pdl che è molto sentita anche al Nord. Del resto i trend elettorali dicono che la Lega sta poco alla volta dissanguando il Popolo della libertà: il partito se non viene rinforzato nella sua identità “liberale” finirà per cadere succube di Bossi. E al Nord non mi pare ci sia una volontà unanime a finire nelle braccia della Lega. Conosco un senatore finiano di Cuneo, Giuseppe Menardi, che mi confida quanto sono diffuse queste preoccupazioni.
Vita: Il 7 maggio c’è l’appuntamento a Tirana. Avete in mente altre iniziative con Fini?
Olivero: Vogliamo portargli il nostro Libro Verde. E poi puntiamo sul quoziente famigliare. Lui lo sostiene. Ed è un’idea che non ha nessun conflitto con la sua forza di appartenenza.


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