Non profit
bp il conto, chi lo paga?
Bilancio (provvisorio) di un disastro epocale
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Dopo oltre due mesi non si sa ancora quando e se si arresterà la fuoriuscita del greggio. Le uniche certezze sono i danni provocati finora. Primo fra tutti il collasso di un mercato ittico da 6,5 miliardi di dollari, che sta riducendo alla fame
la popolazione di Louisiana e Alabama Sono trascorsi oltre due mesi dall’esplosione del 20 aprile della piattaforma petrolifera Deep-water Horizon, ma al largo del Golfo del Messico è ancora tempo di bilanci provvisori. Non si arresta, infatti, la fuoriuscita di greggio dalla falla; il “tappo” inserito dalla British Petroleum nelle ultime settimane ha avuto solo l’effetto di limitare i danni, riuscendo a raccogliere 15mila dei 60mila barili che si disperdono ogni giorno nell’oceano. Secondo le previsioni più catastrofiche, una soluzione definitiva sarà raggiunta solo in autunno, con il naturale esaurimento della sorgente; quelle più rosee guardano ad agosto, grazie ad un intervento che la BP pondera da settimane e che prevede un’ulteriore trivellazione dei fondali.
Accanto ai danni al terreno ci sono quelli alla popolazione. Ancora sulla rampa di rilancio dopo l’uragano Kathrina del 2005, Louisiana e Alabama sono gli Stati che subiranno maggiormente il contraccolpo. Sono già due mesi che il più grande mercato ittico d’America, valutato intorno ai 6,5 miliardi di dollari, è in stand by; nelle ultime settimane la stessa BP, tramite il progetto «Vessells of Opportunity», ha trasformato molti pescatori in operai, pagandoli profumatamente per occuparsi della pulizia delle coste e della salvaguardia degli animali. Ma è chiaro a tutti che il piano non può durare. A Bayou La Batre in Alabama, come in molte altre città sulla costa, il 30% degli abitanti viene dall’Asia, immigrati arrivati per lavorare come manovali nell’industria ittica, che spesso non conoscono bene la lingua da potersi riciclare in altri lavori o non hanno il Social Security che gli garantirebbe il sussidio di disoccupazione. Organizzazioni non profit locali riportano infatti lunghe file ai food bank e una crescita del 20% delle richieste di servizi sanitari gratuiti.
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