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Bosnia: 350 migranti lasciati in strada

Il governo cantonale di Una-Sana in Bosnia Erzegovina ha svuotato il campo profughi di Bira a Bihać. 350 richiedenti asilo ora si trovano in strada, non c’è posto negli altri campi. Qualcuno si è spostato negli squat e nelle foreste

di Anna Spena

La Rotta Balcanica (ne abbiamo parlato qui Rotta Balcanica, attraversare i confini è un game disperato e qui Rotta Balcanica, migranti trattati come gli animali) che inizia in Grecia, e fisicamente finisce in Italia, a Trieste – non ha mai spesso di essere percorsa. Non l’ha fatto neanche nei mesi del lockdown, quando diversi campi profughi nei Paesi Balcanici sono stati messi in quarantena. I confini chiusi non hanno scoraggiato i migranti, non c’è confine chiuso che tenga se a farti muovere è la disperazione. Negli ultimi mesi la situazione è peggiorata drasticamente. Tanto che nel pomeriggio di ieri 29 settembre il campo di Bira a Bihać è stato svuotato dalle forze dell’ordine del Cantone di Una- Sana.

«Il campo Bira a Bihać è stato sgomberato», si legge in un post di Silvia Maraone, project manager di Ipsia, Ong delle Acli, e dei progetti Caritas lungo la Rotta Balcanica. «Prima i minori non accompagnati, portati al campo di Borici. Poi a metà pomeriggio le forze speciali sono entrate nel campo e le persone adulte sono state portate fuori. Tra loro c’è chi è andato in game (passaggio della frontiera tra la Bosnia e la Croazia) partendo su due piedi o ha deciso di dormire all'addiaccio, chi al campo di tende a Lipa (dove è comunque rimasto fuori perché al campo non c'è posto) e alcuni a Sarajevo. Alcuni migranti che stavano nel campo si sono rifugiati negli squat e nelle foreste».

Sul territorio bosniaco ci sono tra gli 8mila e i 9mila migranti. L’obiettivo non è fermarsi, ma raggiungere la Croazia e poi l’Italia. La speranza finale è quella di arrivare in Nord Europa. In Bosnia il problema è che la maggior parte di queste novemila parsone sono concentrate nel Cantone di Una-Sana e divise tra le città di Bihać e Velika Kladuša

Il campo profughi di Bira, ex fabbrica di frigoriferi, è gestito dall’Iom (International Organization Migration). Qui il post del responsabile Iom in Bosnia. Ma indignarsi solo non basta.

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