Non profit

Borgomeo (Aiart): “Mettiamo al bando la pubblicità dell’azzardo”

"Dobbiamo mettere al bando ogni forma di pubblicità del gioco d’azzardo, partendo da quella televisiva". La Rai, in quanto servizio pubblico, deve dare l'esempio "con una moratoria unilaterale”. Lo ribadisce con fermezza il presidente dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart, Luca Borgomeo, a margine del convegno “Stop alla pubblicità nel gioco d’azzardo’’ tenutosi ieri a Roma. Nel frattempo, cresce il fronte di chi dice "basta" alla pubblicità e all'induzione all'azzardo

di Marco Dotti

Un business enorme, una montagna di soldi mossa dall'azzardo legale italiano. Parliamo di 84,4 miliardi di euro solo per l'Italia, su un giro d'affari che, globalmente, se prestiamo ascolto a un recente rapporto della banca d'affari Morgan Stanley, si può quantificare in 390 miliardi di euro.*

È in Italia l'epicentro dell'azzardo globale

Questo significa che 1/4 di tutto il denaro messo in circolo dall'azzardo legale sul globo terracqueo si muove qui, nel perimetro di quei 301.340 km2 che circoscrive la nostra penisola.

E in effetti (lasciando tra parentesi, per ora, la complessità delle comparazioni), in Italia ci sono più macchinette che altrove: 328.000 slot machine disseminate in 120.000 esercizi commerciali (bar, tabaccherie, etc) a cui vanno sommate 51.000 videolottery installate in 4.600 sale gioco specificamente dedicate a queste macchine

In totale, In Italia risultano attive  379.000 macchinette. Andiamo avanti nelle comparazioni e prendiamo quella che, a oggi, è ancora la principale potenza finanziaria del pianeta, gli Stati Uniti d'America. Negli Usa, tra casinò commerciali, casinò nelle riserve indiane e qualche drugstore, sono attive 852.000 macchinette, ma solo 78.000 sono installate in locali generalisti, in alcuni stati e comunque vietate ai minori di 21 anni.

Da sole, nel 2014, le macchinette (slot machine+vlt) hanno mosso quasi la metà di quegli 84,4miliardi di euro. Per la precisione: 40miliardi e 498milioni.** 

Pubblicità=produttività. Per questo non la tolgono

Su questo punto, occorre tener presente la nozione di produttività. Nel settore dell'azzardo – tanto italiano, quanto globale – la nozione di produttività non rimanda alla quantità di risultati prodotti per ogni singolo lavoratore dipendente, come può avvenire per una fabbrica o altro. La produttività di gioco rimanda all'attività di gioco di un giocatore in un dato intervallo di tempo: più il giocatore gioca, più l'azienda per cui gioca guadagna margini di profitto e, quindi, di produttività.

Per questa ragione la velocità – pensiamo al fatto che immettendo un "semplice" euro in una slot italiana si gioca una partita ex lege di 4 secondi: basterebbe portare a 10 minuti la giocata per scardinare il meccanismo perverso che lega patologizzazione del gioco, individualizzazione della colpa e produttività.

In questo "gioco", le dimensioni temporali, gli scarti e i livelli di accelerazione assumono un valore determinante e senza comprendere come lo sfondamento del gambling nella vita quotidiana produca un collasso radicale del tempo, non si comprende come sia possibile che, in Italia, circoli tanto denaro attorno a questo settore.

La pubblicità ha un ruolo preciso in questo collasso e nella costruzione non solo di un immaginario, ma della gabbia che permette di mantenere alti i livelli di questa produttività.

Proprio la spinosa questione della pubblicità – che cittadini e associazioni no slot chiedono da tempo di vietare in toto –  è stata al centro di un bel convegno tenutosi ieri 27 aprile a Roma e organizzato dall'Aiart, l'Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione, onlus fondata nel 1954 per iniziativa dell’Azione Cattolica, alla presenza del sottosegretario all'economia Pier Paolo Baretta a cui fa capo la riforma più volte annunciata del settore dei giochi in Italia.

Un fermo "no" alla pubblicità del gioco d'azzardo, nocività per tutto il sistema italiano, è stata espressa proprio dal presidente dell'Aiart, Luca Borgomeo che ha ricordato come nel 2013 la spesa diretta in pubblicità da parte di concessionari e operatori del settore azzardo legale è stata di 105 milioni di euro. Ma, soprattutto, metà della pubblicità dei giochi è passata, passa e se non si interviene con decisione continuerà a passare da canali televisivi.

Dire di no: serve un atto di coraggio

Così, per il piccolo schermo sono passati spot pagati 54,4 milioni di euro. “Dispiace – ha ribadito Borgomeo – che ci siano personaggi pubblici, come Totti, che si prestano per pubblicità del gioco d’azzardo. I giovani da loro si aspettano esempi positivi, mentre l’azzardo rischia di mandare in crisi migliaia di famiglie” 

Da parte sua, il direttore della Caritas di Roma monsignor Enrico Feroci ha ricordato che a Roma sono attive 24.931 slot machine e sono 170mila i 15-19enni coinvolti. E qui torna utile il computo che abbiamo indicato all'inizion dell'articolo: nella sola Capitale si trova 1/3 della cifra di slot diffuse (fuori dai casinò) su tutto il territorio statunitense. Numeri che dovrebbero far riflettere.

Una situazione esplosiva, non solo per le famiglie, ma anche per il crimine, l'usura e tutto ciò che illegalmente prospera anche attorno all'azzardo legale. Inutile ridurre la legalità a una scimmiottatura di una partita di calcio, dividendo il bianco dal nero: i fenomeni di degenerazione del contesto sociale sono in gran parte determinati proprio da questa iperproliferazione – che, come abbiamo detto in apertura dell'articolo, non ha paragoni al mondo – di macchine legali, legalmente pubblicizzate, promosse e persino tutelate dallo Stato.

Il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta ha affermato che serve “tutelare la salute pubblica, combattere l’illegalità, garantire le entrate”, sostenendo che sulla pubblicità si può pensare a norme più rigide, arrivando a affermare che "non ci possiamo nascondere che siano forti gli interessi in gioco, ma anche la richiesta di divieto di pubblicita’ e la reazione del fronte anti azzardo è stata radicale’’.

Il sottosegretario, che non si è negato al dibattito, ha probabilmente colto che, nel blando divieto di pubblicità proposto nella Bozza del Decreto Delegato (in sintesi: vietata paradossalmente ai soggetti illegali, poiché privi di licenza e solo in determinate fasce orarie ma, altro paradosso, non durante gli eventi sportivi), qualcosa non torna.

Speriamo sia un buon segno e si possa procedere come richiesto pubblicamente – con un appello pubblicato da Avvenire il 2 aprile scorso – da movimenti e associazioni no slot verso un divieto assoluto di pubblicità diretta o indiretta che sia.  

Nel frattempo, in occasione del convegno"Stop alla pubblicità del gioco di azzardo", Borgomeo e Aiart hanno lanciato la Campagna "Gratta e leggi" (FOTO DI COPERTINA), nell’ambito della quale sono state distribuite – presso le scuole, la parrocchie e le  associazioni –  più di 100.000 cartoline. Un ottimo esercizio di critica, che siamo certi darà i suoi frutti

 

@oilforbook

* Se è pur vero che il rapporto di Morgan Stanley si riferiva alla raccolta nei casinò, va aggiunto che nella maggior parte dei Paesi slot machine e altri terminali di gioco (Vlt, videopoker, etc) sono presenti ex lege solamente all'interno di apposite sale di resort e casinò. Il dato risulta pertanto abbastanza uniforme da garantire una comparazione.

** Parliamo di denaro movimentato, non di utile. L'utile della catena-azzardo sembrerebbe ridursi a molto meno: 16miliardi di euro, di cui 8,2 finiscono però nelle casse dello Stato. 

*** Per questa ragione la velocità – pensiamo al fatto che giocando un "semplice" euro in una slot italiana si gioca 4 secondi: basterebbe portare a 10 minuti la giocata per scardinare il meccanismo perverso che lega patologizzazione del gioco e produttività – di gioco assume un valore determinante e spiega il denaro circolante in Italia attorno a questo settore. Inutile dire: "si gioca un euro, si vince poco (massimo centro), quindi il problema è solo limitare che nel giocatore si innesci una compulsività". La compulsività è, qui, di sistema. Senza compulsività sistemica, non vi sarebbe profitto.

 

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.