A Eugenio Borgna, psichiatra, autore del recente, bellissimo Le emozioni ferite (Feltrinelli), è molta piaciuta la fiction dedicata a Basaglia. Ma da quella visione ha tratto alcune riflessioni sul destino della psichiatria.
La legge di riforma psichiatrica consente, ora, di svolgere la migliore delle psichiatrie possibili; ma, perché questa si realizzi fino in fondo, una cosa è necessaria: che ci si confronti con la sofferenza dei pazienti, con il loro lancinante dolore dell’anima, con le loro disperate richieste di aiuto, le loro e quelle dei loro familiari, in una attitudine interiore nutrita di comprensione e di accoglienza, di attenzione nel senso immemoriale di Simone Weil e di partecipazione emozionale. Nella consapevolezza che la follia, sorella sfortunata della poesia, come è stata definita da Clemens Brentano, fa parte della vita ed è una esperienza possibile in ciascuno di noi. Ma, oggi, per sfuggire al rischio, che il dilagare della tecnica rende sempre più inquietante, di svuotare di senso i radicali cambiamenti ottenuti nelle forme, e nei luoghi, di cura, e per sfuggire così a una psichiatria senz’anima che si affidi ai soli psicofarmaci, è necessario sconfiggere l’indifferenza e la noncuranza di chi cura la malattia psichica senza leopardiane passioni della speranza, e senza un dialogo infinito con la sofferenza, e l’angoscia, dei pazienti. Il compito di una psichiatria aperta al futuro è di rendere questo dialogo sempre più adeguato alle esigenze interiori dei pazienti, e sempre più palpitante di amore e di speranza.
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