Welfare
Boom di poveri nel Mezzogiorno: senza Terzo settore non si arriva a fine giornata
Siamo andati a Bari, Cagliari, Napoli, Palermo e Reggio Calabria per raccontare com’è esplosa la povertà dopo il Coronavirus e come le realtà del privato sociale, che non si erano mai occupate esplicitamente di povertà economica, hanno rivoluzionato i loro servizi per rispondere ai nuovi bisogni. È nato così “La fame del Sud”, scaricabile gratuitamente sul sito di VITA
di Anna Spena
Capita spesso che Nicola apra il frigorifero, ci guardi dentro e poi rimanga mezzo ipnotizzato. Sta fermo lì, quasi imbambolato. E in quell’attesa si fa strada una domanda “cosa mangio adesso?”. Una domanda che non ha niente a che vedere con l’indecisione del non sapere cosa scegliere, verso quale comparto dell’elettrodomestico allungare la mano e tirare fuori qualcosa per prepararsi il pranzo. Il frigo di Nicola è quasi completamente vuoto, certi giorni lo è del tutto. Ma quanti Nicola ci sono in Italia? Troppi. Nicola vive in povertà assoluta. E la povertà assoluta è, prima di tutto, questa cosa qui: avere fame e non avere cibo, aver bisogno di vestiti e non avere soldi per comprarli, essere malati e non riuscire a curarsi. Negli ultimi anni la quota di persone in povertà assoluta è aumentata in modo generalizzato in tutto il Paese. Nel 2021, le persone in povertà assoluta erano 5,6 milioni (i dati sul 2022 saranno disponibili solo nell’autunno del 2023). Ma la povertà non è distribuita in modo uniforme su tutto il territorio, in certi zone esplode.
Siamo andati a Bari, Cagliari, Napoli, Palermo e Reggio Calabria per raccontare com’è esplosa la povertà dopo il Coronavirus e come le realtà del privato sociale, che non si erano mai occupate esplicitamente di povertà economica, hanno rivoluzionato i loro servizi per rispondere ai nuovi bisogni. Ne è nato un focus book “La fame del Sud”, scaricabile gratuitamente, alla fine del pezzo
Sud Italia: una fotografia drammatica
La fotografia del Sud Italia è drammatica: 41,2 è la percentuale delle persone a rischio povertà. Quindi la quota delle persone che rischiano l’esclusione sociale nel Mezzogiorno è 2,5 volte quella del Nord Ovest, il triplo rispetto a quella del Nord Est, il doppio di quella del centro Italia. Nel Sud Italia una famiglia numerosa su quattro è povera (il 24% delle famiglie con cinque o più componenti) e nelle famiglie di soli stranieri questa percentuale raggiunge il 37,6%. La presenza dei minori incide in maniera significativa: il 13,7% delle famiglie in cui è presente almeno un minore sono povere
davanti a una media nazionale che si ferma all’11,5% (dati Svimez – associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno).
«La povertà era una condizione sociale che esisteva già, ma era sommersa», spiega Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore. «Con la pandemia è emersa e nessuno ha più potuto fare finta di non vedere. A tamponare durante i mesi più duri del lockdown, anche il Rem, reddito di emergenza. Le misure insieme hanno certamente attutito il colpo, ma da sole non sono bastate. «Con l’epidemia», continua Pallucchi, «è emersa l’estrema resilienza dei soggetti del Terzo settore, quella capacità di adattamento dei servizi che gli ha permesso di rispondere ai nuovi bisogni. Il privato sociale non è un soggetto rigido, ma attivo reattivo e attento».
La maggiore esposizione delle famiglie meridionali allo shock inflazionistico emerge delle stime Svimez sui nuovi rischi di disagio economico e sociale associati alla crisi energetica: un bacino potenziale di 287mila nuove famiglie povere (circa 750mila persone), per due terzi concentrate nel Mezzogiorno. Di fatto la pandemia prima, la crisi energetica e l’inflazione dei prezzi causati, dalla guerra in Ucraina, hanno rimarcato una volta di più quella differenza atavica tra Nord e Sud Italia.
«Cosa abbiamo fatto negli ultimi 30 anni?», è retorica la domanda di Adriano Giannola, presidente di Svimez e della Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli. «La pandemia ha evidenziato una rottura drammatica tra nord e sud del Paese. Ma non stiamo scoprendo l’acqua calda. L’Unione Europea ha varato un intervento straordinario – il piano nazionale di ripresa e resilienza
– e l’ha fatto con un obiettivo preciso: avere più coesione sociale e meno disuguaglianze, ovvero più attenzione al Mezzogiorno. Ci stiamo riuscendo? No. Siamo davanti a un piano privo di ambizione per carenza di visione».
C’è un altro dato drammatico sul Sud: Nel Mezzogiorno si svuotano le aule e ci sono 250mila studenti in meno. E un bambino di Napoli, o che vive nel Mezzogiorno, frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo che cresce nel centro-nord, questo concretamente significa un anno di scuola in meno. «C’è una relazione diretta tra la condizione economica delle famiglie e l’opportunità di carattere educativo e formativo che riescono a garantire ai propri figli», spiega Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale di Open Polis. Quindi quello che vive il Mezzogiorno è un circolo vizioso: «Il livello di educazione», continua Smaldore, «è fondamentale per avere accesso al mondo lavorativo, soprattutto ad un mondo lavorativo di qualità. E in Italia i soggetti più poveri sono i meno istruiti».
Viaggio dentro le città e le realtà del privato sociale
A Bari abbiamo incontrato l'associazione InConTra e l’associazione nazionale Interforze Osservatori legalità, pace e Sicurezza – Aios. Le due realtà hanno ridisegnato i progetti per sostenere chi è rimasto senza lavoro, aiutato e lavorato anche per rom, migranti, prostitute, senza fissa dimora. A Cagliari contro la povertà c’è stato Contro la povertà “l’abbraccio” del sociale con la Fondazione Domus de Luna che solo nel 2022 ha distribuito quasi 24mila pacchi alimentari. A Napoli chi lavorava solo con i giovani come l’associazione Asso.Gio.Ca oggi distribuisce, insieme all'Altra Napoli Onlus, anche pacchi alimentari e la cooperativa sociale Dedalus dà contributi economici alle famiglie più povere per evitare che i minori siano costretti a lavorare. A Palermo l’associazione Inventare Insieme ha attivato tutta la comunità per rispondere ai bisogni della prima infanzia, fino a Reggio Calabria dove il Consorzio Macramè per contrastare la povertà sanitaria, diretta conseguenza di quella economica, oggi eroga servizi sanitari gratuiti ai cittadini che ne hanno bisogno.
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