Economia

Boom della finanza etica in Europa: +87% in due anni

Lo rileva una ricerca di Eurosif. Italia ancora indietro - Banca Etica ed Etica sgr chiedono regole più chiare

di Lorenzo Alvaro

Nonostante la crisi economica e dei mercati la finanza etica continua a crescere vertiginosamente in Europa. La ricerca appena pubblicata dall’associazione dei forum europei per la finanza sostenibile, Eurosif, ha evidenziato un +87% negli ultimi due anni per i patrimoni investiti nel Vecchio Continente secondo criteri di responsabilità sociale e ambientale.
In particolare Eurosif rileva che le risorse investite in modo “sostenibile” in Europa sono passate dai 2,7 mila miliardi di euro alla fine del 2007 ai 5mila miliardi di euro alla fine del 2009. Di questi, 1.200 miliardi (pari al 24% del totale) sono investiti secondo criteri definiti da Eurosif “core SRI”, cioè particolarmente selettivi: i gestori non si limitano a escludere dai portafogli aziende controverse come produttori di armi, di energia nucleare, etc, ma adottano anche criteri positivi di valutazione selezionando le aziende e gli Stati più virtuosi sul piano delle politiche sociali, ambientali e di governance. Gli altri 3.800 miliardi di dollari sono investiti secondo criteri definiti “broad SRI”, vale a dire meno stringenti, che si limitano a escludere i titoli di aziende e stati particolarmente controversi. Per quanto riguarda l’Italia, lo studio registra 312,4 miliardi investiti secondo criteri di responsabilità sociale, di cui appena 13,1 (4%)  miliardi sono investiti utilizzando i criteri più stringenti (Core SRI).
Secondo Alessandra Viscovi, direttrice generale di Etica sgr, società di gestione del risparmio del gruppo Banca popolare Etica, unica in Italia a proporre esclusivamente fondi etici e tra i leader del mercato italiano dei fondi socialmente responsabili, «i dati del mercato europeo sono particolarmente incoraggianti, soprattutto in un momento così difficile per il mercato finanziario. L’Italia però è ancora piuttosto indietro, specialmente per la mancanza di investitori istituzionali che, invece, sono presenti fortemente in mercati come quello inglese e scandinavo. Nel triennio 2007-2009 in Italia si è registrato un calo del 33%  (pari a 220 miliardi di euro) negli asset del risparmio gestito mentre Etica Sgr, nello stesso periodo, ha visto raddoppiare il proprio patrimonio, diventando il secondo player sul mercato italiano degli investimenti socialmente responsabili con performance, soprattutto della componente azionaria dei fondi, tra le più alte del mercato».
«Appare evidente che il mercato italiano, soprattutto quello istituzionale più distratto rispetto alla clientela retail, deve ancora maturare una vera consapevolezza delle potenzialità degli investimenti socialmente responsabili come strumento per promuovere un’economia più giusta e pulita e in ultima analisi, anche per far fruttare i patrimoni», aggiunge Ugo Biggeri, presidente di Banca Popolare Etica, «Basti pensare al caso BP: considerata un’azienda abbastanza responsabile in senso lato e inserita nel Dow Jones Sustainability Index (l’indice di borsa che afferma di monitorare le performance finanziarie delle aziende più sostenibili del mondo, ndr), ne è stata poi esclusa in tutta fretta dopo il disiastro ecologico scatenato con la  marea nera. I fondi etici più scrupolosi, come quelli promossi da Etica sgr, escludono a priori il settore petrolifero dall’universo investibile, mettendo anche al riparo i clienti dalle pesanti perdite che questi titoli registrano in occasione di disastri di queste proporzioni. Un’ulteriore dimostrazione del fatto che efficienza economica e sostenibilità, nel lungo periodo, vanno di pari passo. La crescita della Finanza Etica in tutto il mondo», conclude Biggeri, «impone l’elaborazione di parametri che offrano ai risparmiatori e agli investitori responsabili reali garanzie circa l’eticità dei prodotti su cui investono, per evitare che la patente etica venga attribuita in modo discrezionale e finisca con il rispecchiare più strategie di marketing che reali scelte responsabili. Dal nostro punto di vista non può che destare perplessità, ad esempio, il recente inserimento di  Finmeccanica, che è tra le prime 10 aziende che producono e commerciano armamenti nel mondo, nel Dow Jones Sustainability Index».

 


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