Economia

Bono-O’Neill, il diario di viaggio. Gli 11 giorni che sconvolsero il falco

Il ministro del Tesoro Usa alla prova. Il leader degli U2 ha portato Paul O’Neill, uno dei personaggi più potenti dello staff di george Bush, a visitare l'Africa

di Carlotta Jesi

Obiettivo: convincere l?America ad aumentare la sua quota di aiuto allo sviluppo, ferma allo 0,1% del Pil. Tempo massimo: 11 giorni. A disposizione: fama e copertura mediatica assicurata (tranne che in Italia). È la missione con cui Bono Vox, leader degli U2, della campagna per la cancellazione del debito e, da qualche tempo, anche di Data, la non profit che ha fondato per combattere l?Aids e sostenere lo sviluppo dell?Africa, è partito il 20 maggio per Accra, capitale del Ghana, insieme al ministro del Tesoro americano, Paul O?Neill. Un osso duro. Convinto che gli 11 miliardi di dollari spesi ogni anno dagli Usa per il Sud vengano sprecati e che ai Paesi poveri non servano aiuti ma investimenti stranieri. Bono deve fargli cambiare idea. In 11 giorni. Questo è il diario del viaggio. Lunedì 20 (volo Francoforte ? Accra) Bono e O?Neill si incontrano all?aeroporto di Francoforte. Cos?hanno in mente per l?Africa? Risponde il ministro, ma il copyright è di Bono: «I still haven?t found what I?m looking for», non ho ancora trovato quello che sto cercando, dall?album The Joshua Tree. O?Neill giura alla Cnn di non essere mai stato a un concerto della band, ma la cita a memoria. L?aereo sorvola Gibilterra, e lui: «Se troveremo la soluzione in questo viaggio, sarà un Beautiful Day». Da All that you can leave behind. Martedì 21 (Accra, Ghana) Visita alla Acs-BPs, azienda americana di computer che impiega 900 dipendenti locali. Ben vestiti e in buona salute. Per O?Neill «la prova che lo sviluppo si fa con gli investimenti stranieri». Ma il loro stipendio sa di sfruttamento: 15 dollari a settimana, un quinto del salario americano, due volte quello locale. Che ne dice Bono?: «L?importante è che anche i dipendenti e il governo locale sfruttino le aziende straniere, in Irlanda abbiamo fatto così». O?Neill, dopo aver incontrato il presidente John Kufour, spiega alla stampa che in Paesi ben governati come il Ghana «l?aiuto si può organizzare per programmi e non singoli progetti». Per il Financial Times «è un grosso passo avanti». Il resto, è un balletto di cifre: il ministro Usa sogna «stipendi da 30mila dollari l?anno per 19 milioni di ghanesi». Oggi tirano avanti con 350, peggio di 40 anni fa. Mercoledì 22 (Tamale, Ghana) Shopping al mercato della capitale. O?Neill, che viaggia con moglie, figlia, press agent e guardie del corpo al seguito, adocchia dei tessuti locali e commenta: «Un made in Ghana così andrebbe a ruba in tutto il mondo». Bono è scettico: «Come, se non ci sono strade decenti e manca l?elettricità? Altro che start up, in un Paese dove si vive con meno di 1 dollaro al giorno, prima devi dare infrastrutture». Il Ghana rimane pur sempre al 119° posto, su 162 nazioni, dell?Indice di sviluppo umano dell?Onu. Bono torna all?attacco e mostra a O?Neill un banchetto di riso ?made in Usa?: costa meno di quello ghanese perché il governo ha smesso di sostenere l?agricoltura su pressione del Fondo monetario. «Politica assurda, non si può chiedere ai poveri di aprire i loro mercati e poi proteggere quelli dei ricchi». Giovedì 23 (Pretoria, Sudafrica) Davanti al presidente Thabo Mbeki, l?attivista e il politico affilano le unghie. La conferenza stampa dopo l?incontro è al vetriolo: «Lui è l?uomo che controlla il portafoglio degli Stati Uniti, io quello che tenta di farglielo aprire. Non mi accontento degli spiccioli», spiega Bono. Che critica la legge agraria di Bush che sovvenzionerà con 80mila milioni di dollari in 10 anni i contadini Usa: «È uno scandalo, l?Africa non può esportare se i nostri prodotti sono sovvenzionati». Conferenza stampa: Mbeki ha negato per anni che la causa dell?Aids sia il virus dell?Hiv e che servano farmaci antiretrovirali per curarla, i giornalisti lo incalzano. Lui glissa, e Bono lo difende: «Mbeki sta cambiando opinione. Dobbiamo lasciargli un po? di tempo». Venerdì 24 (Soweto, Sudafrica) «È imbarazzante, per un cantante, ma sono rimasto senza parole». Causa dell?afonia di Bono, le centinaia di mamme e bambini sieropositivi accuditi al Chris Hani Baragwanath Hospital. Solo una parte dei 4,7 milioni di sieropositivi del Paese. E tra i più fortunati, visto che nel loro ospedale si sperimenta la Nevirapina. Una sofferenza che commuove anche O?Neill: «La comunità internazionale deve stanziare più soldi per combattere l?Hiv». L?uscita lascia ben sperare, ma gli entusiasmi si smorzano poco dopo: «Ciò non vuol dire che appoggerò il programma del Senato di aumentare di 500 milioni di dollari il suo impegno». Sabato 25 (Soweto, Sudafrica) O?Neill fa i conti in tasca al Sudafrica, sull?Aids. L?ambasciatore americano lo informa che le ong americane hanno donato 50 milioni di dollari agli africani per combattere il virus e lui: «In base ai miei calcoli, per curare le donne sieropositive di Soweto ne bastano 2. Una delle prime cose che ti insegnano nelle scuole di medicina è curare i casi più urgenti. Dovete rivedere le priorità e spendere più in farmaci che in prevenzione». Ma a Bono i conti del ministro non tornano: «Posso dimostrare che ognuno dei 50 milioni di dollari è stato speso in consulenza. E non arrivava dalle ong ma da donatori privati americani come la Gates Foundation». Fra i due siamo quasi alla rottura. Domenica 26 (Kampala, Uganda) O?Neill non crede ai suoi occhi: 6 bambini, in una scuola costruita coi fondi liberati dalla riduzione del debito, sono costretti a dividersi lo stesso libro. Per il ministro è la prova del nove: gli 11 miliardi Usa non insegnano neppure a leggere. «Faremmo meglio a adottare i bambini: qui servono piccoli progetti, gestiti da singoli, non fondi cosmici». È la goccia che fa traboccare il vaso di Bono: «Per questi bambini non c?è niente di cosmico nell?avere una ciotola di porridge al giorno. A loro servono miliardi di dollari. Al ministro, un nuovo paio di occhiali». Lunedì 27 (Kampala, Uganda) Conferenza stampa, O?Neill è chiamato a rispondere sui sussidi all?agricoltura: «Il commercio non è la risposta di tutti i mali, le barriere commerciali non dovrebbero esistere». Ma per il testimonial della campagna contro il debito, non basta. Alla Reuters, ribatte sul terrorismo: «È nell?interesse degli Stati Uniti sostenere i buoni governi africani: prevenire le guerre è più economico che fermarle una volta scoppiate». Martedì 28 (Kampala, Uganda) Tocca ai piccoli imprenditori locali. Quelli che coi fondi Onu offrono lavoro e assistenza ai sieropositivi. Che dirigono una clinica privata. O che, con 2mila dollari risparmiati dal governo sul debito, costruiscono un pozzo per migliaia di persone. O?Neill sforna un altro dei suoi calcoli: «Costruire pozzi per tutti gli ugandesi costerebbe 25 milioni di dollari. Eppure la Banca mondiale spende 30 milioni di dollari in progetti idrici. Come mai il problema non si risolve?». Numeri difficili da contestare. Ma Bono chiama Washington, e ribatte: «La Banca mondiale sostiene il governo ugandese, ma non ha progetti idrici nel Paese». Mercoledì 29 (Addis Abeba, Etiopia) Visita a un?azienda privata che produce caffè e lo esporta con successo. Obiettivo, recita il programma di viaggi diffuso dal ministero del Tesoro americano: «Capire come mai per i produttori africani è così difficile guadagnare più soldi lavorando e vendendo prodotti agricoli». Per Bono la risposta è semplice, gliel?ha suggerita Oxfam: «Barriere commerciali, sussidi all?agricoltura, liberalizzazione del mercato a senso unico». Giovedì 30 Domani ognuno torna a casa. «Credo che, lasciando l?Africa, Paul O?Neill sarà un uomo molto diverso da quando ci è entrato»: Bono ripete la frase con cui concludeva le prime conferenze stampa insieme al ministro del Tesoro. Ma ora la sua sembra più una speranza che una certezza.


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