Sostenibilità
Bond Cirio: i rimborsi col contagocce
Unicredit è la banca che meglio si è organizzata nella valutazione delle richieste degli investitori traditi.
Dicembre 2003: il gruppo Unicredit rompe per primo il fronte del silenzio bancario sui bond Cirio (diventati carta straccia, lo ricordiamo, in seguito all?insolvenza dell?azienda, dichiarata a fine 2002) e si dichiara disponibile a rimborsare i titoli, a certe condizioni. Una commissione indipendente, presieduta nientemeno che dall?insigne giurista Guido Rossi, valuterà, caso per caso, l?ipotesi di rimborso sulla base di una serie di criteri predefiniti. I lavori avrebbero dovuto concludersi entro sei mesi, dunque è il momento di fare un bilancio, anche se c?è un po? di ritardo rispetto alle previsioni. L?istituto guidato da Alessandro Profumo non è il solo ad aver attivato corsie preferenziali per gli obbligazionisti Cirio: l?hanno fatto anche Banca Intesa e Capitalia. Ma Unicredit, oltre ad essersi mossa per prima, è l?unica azienda che ha istituito una commissione indipendente, spendendo un nome prestigioso come quello di Rossi e creando intorno a sé consensi e aspettative favorevoli ai quali non sono seguiti risultati altrettanto positivi. I numeri stanno a testimoniarlo.
I numeri di Adiconsum
E’ interessante notare che i risparmiatori assistiti dalle associazioni consumeriste non hanno avuto risultati migliori di chi ha fatto da solo. L?abbiamo verificato con un?indagine presso le undici sigle firmatarie del protocollo d?intesa con Unicredit, che dava loro il diritto a rappresentare i risparmiatori nella procedura di conciliazione. Qualche esempio: per Adiconsum i respinti sono il 40%, il 6% i rimborsati almeno al 70%, mentre il rimborso medio arriva al 24% del valore dell?investimento. Per Adusbef i respinti sono il 35%, rimborsati almeno al 60% il 20%, i rimborsati per meno del 60% il 45%. Ancora peggio i risultati di Lega consumatori, con metà delle richieste respinte e nessun rimborso superiore al 40%. Per l?Unione nazionale consumatori i rimborsi sono circa tre quarti, ma la percentuale di quelli superiori al 50% è del tutto marginale.
L?insoddisfazione generalizzata, tuttavia, comincia ancora prima e riguarda il coinvolgimento molto scarso – per non dire nullo – degli interlocutori sociali in sede di conciliazione. Sommando i dati in possesso alle sigle firmatarie del protocollo, i casi seguiti in tutta Italia non arrivano al 20% del totale. La maggior parte dei clienti ha viaggiato da sola, nonostante l?assistenza delle associazioni fosse gratuita perché tutti i costi erano a carico di Unicredit. «è un problema di rappresentatività. In Italia abbiamo ancora poco potere», dice apertamente Alessandro Mostaccio, l?avvocato che segue il caso Cirio per il Movimento consumatori. «Di certo la banca non ci ha aiutato. Spesso prendeva contatto diretto con i clienti, anche dopo la firma del protocollo, scavalcando di fatto le associazioni». Dello stesso parere Giuseppe Mermati, dell?Unione nazionale consumatori, che aggiunge: «Sul modulo di richiesta di conciliazione c?era sì scritto che si poteva farsi assistere da un?associazione, ma senza dare né nomi né indirizzi: in un Paese dove il consumerismo è ancora così poco conosciuto, è una lacuna grave».
Quelle modalità di gestione
Un coro di critiche, infine, si leva rispetto alle modalità di gestione della procedura da parte della banca. «Le decisioni sono state prese in modo totalmente unilaterale, senza la possibilità di confronto e contraddittorio», lamenta Fabio Picciolini di Adiconsum. «I criteri di valutazione del protocollo sono troppo rigidi. Ad esempio è sufficiente che le Cirio rappresentassero meno del 10% del patrimonio investito perché la richiesta fosse respinta a prescindere da tutti gli altri elementi di valutazione, come l?età o la storia dell?investitore». Del resto pare che il tempo medio dedicato a ciascun caso sia di qualche minuto!
A questo punto ci si potrebbe chiedere perché ben undici associazioni abbiano firmato, e anche in fretta, un protocollo-gabbia. «Non siamo andati troppo per il sottile», ammette Mauro Novelli, segretario nazionale di Adusbef , «perché Unicredit aveva fatto il primo passo avanti». «Ma anche per dare una possibilità a risparmiatori con importi bassi di avere una qualche soddisfazione, dove non valeva la pena intentare una causa. Le vie legali del resto sono sempre percorribili», ricorda Maria Stella Anastasi, l?avvocato della Lega consumatori.
E per vie legali si andrà, in molti casi. La maggioranza delle sigle, appena scaduti i termini (tre mesi dall?esame dell?ultima richiesta) è intenzionata a far partire una serie di cause giudiziarie. Nel frattempo, incombono sul gotha del sistema bancario le inchieste della magistratura penale, in primis la procura di Monza.
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