Volontariato

Bologna, il modello Seràgnoli Il meglio dell’hospice

Restituire un quotidiano vivibile ai malati. È la filosofia dI questa struttura, sorta grazie a lasciti privati. Già 500 persone vi sono passate.

di Redazione

All?Hospice si va a morire? Nell?immaginario collettivo dei bolognesi, la struttura di Bentivoglio è un luogo di cui è meglio parlare sottovoce, con quella vena d?inquietudine che coglie quando si ricordano dolori altrui, che un giorno potranno anche essere tuoi. Già dal viale d?accesso, l?Hospice Mariateresa Chiantore Seràgnoli ti appare invece in tutta la sua ariosa luminosità, con un?architettura piegata ai bisogni dei pazienti che accoglie. Pazienti tutt?altro che moribondi, ma persone con gravi forme tumorali, da generare talvolta delle invalidità, delle difficoltà, che qui imparano a convivere col cancro e le sue conseguenze, a gestire il dolore, ad affrontare il futuro. Perché all?Hospice si pensa al futuro, quindi alla vita e si restituisce un quotidiano possibile a decine di uomini e donne, attraverso cure palliative e a un progetto personalizzato per ognuno, ricorrendo ad ausili, supporti materiali e psicologici. Lo spiega molto bene Catia Franceschini, direttore infermieristico: “Il nostro obiettivo è di ottimizzare la qualità di vita per ciascuna di queste persone. Come? Secondo ciò che ognuno ci indica. Non c?è una risposta valida per tutti, perché se per Marco l?importante è la consapevolezza e la presenza ad ogni momento della malattia, per Carla è lenire il dolore e per Silvana trovare il modo di dire ai figli che vuol loro bene. Il paziente è comunque al centro di ogni intervento”. Mentre Carla passeggia tranquilla e due bambini biondi corrono nel corridoio ricoperto di parquet, impariamo che proprio i familiari sono parte integrante del progetto: “Ogni decisione”, afferma Danila Valenti, direttore medico, “ogni progetto che riguarda il paziente deve vedere d?accordo la sua famiglia. Devono essere partecipi e per loro c?è un servizio di supporto psicologico specifico, con incontri ogni martedì”. L?Hospice si presenta come un luogo dove la persona è al centro di ogni azione e ogni azione è pensata per quella persona. Obiettivo ultimo: il rientro a casa, la massima autonomia. Un sogno, quello dal professor Maltoni, suo ideatore, che si è avverato due anni fa, grazie alla società G.D. spa, alla famiglia Seràgnoli, alle Fondazioni Cassa di Risparmio in Bologna e del Monte e all?intervento di fund raising di Goodwill, rivolto all?ottimizzazione di un vero e proprio percorso di corporate philantropy, un progetto realizzato interamente con risorse private, di cui fino ad oggi hanno goduto oltre 500 persone, convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. E, come tutto ciò che nasce dal privato sociale, con una marcia in più: la motivazione e la predisposizione all?ascolto e all?accoglienza di chi ci lavora. “Oltre al controllo dei sintomi fisici”, continua Valenti, “qui la persona ha tutti i supporti, tutto il sostegno e l?affetto per sviluppare una consapevolezza. Cose che altrove non sono dimenticate ma addirittura negate”.


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