La notizia oggi mi ha fatto sobbalzare sulla sedia a rotelle. Mi ha irritato profondamente, lo ammetto. Sto diventando insofferente, ma a volte la realtà supera talmente la fantasia da costringerti a fare i conti con l’imponderabile, e devo pure stare attento con le parole, ché non vorrei incorrere nel reato di vilipendio della magistratura.
Ricorderete (forse) l’allegra brigata di calciatori petroniani che scorrazzavano per il centro di Bologna utilizzando il contrassegno invalidi di una solerte e tifosissima dipendente disabile della benemerita società di calcio. Il fatto fece scandalo, insomma, si fa per dire. Venne aperta un’inchiesta, ed effettivamente alcuni fra i “campioni” (anche qui si fa per dire) del Bologna ammisero di aver utilizzato questo particolarissimo “benefit”. Con il senno di poi potremmo perfino dire “a loro insaputa”. Visto come ha deciso la feroce Procura di Bologna.
Non i difensori, ma la pubblica accusa, ha chiesto l’archiviazione del caso, con questa pittoresca motivazione, riportata oggi dai giornali: “Nel nostro paese i “moderni gladiatori” e cioè i calciatori – scrive il procuratore aggiunto Giovannini – vivono in una sorta di bolla immateriale che, salvo rare eccezioni, li mantiene avulsi dal quotidiano, al limite dell’incapacità di badare agli affari correnti di natura burocratica, che affaticano invece ogni persona che non pratica, ad alti livelli, l’arte pedatoria”.
Sembra uno scherzo, una scena tratta da un film di Pupi Avati, uno sketch da “Gli amici del Bar Margherita”. E invece no, è tutto vero, scritto nero su bianco nella richiesta di archiviazione. Il fatto è che questa richiesta è stata accolta senza obiezioni dal Gip Alberto Zirolfi. Tutto finito, dunque, a tarallucci e vino. Anzi, forse meglio, a mortadella e lambrusco.
L’indignazione sul web sta girando, anche se trovare questa notizia non è così semplice. E qui scatta la mia seconda irritazione, forse la maggiore. Tutti giustamente notano l’assurdità della strana clemenza dei magistrati bolognesi, ma pochi si accorgono che a monte di questa archiviazione c’è un pre-giudizio da parte dei giudici non dichiarato: ossia che l’abuso, reiterato e di gruppo, nei riguardi di una norma che tutela i disabili non è poi così grave. Evidentemente per i magistrati bolognesi scorrazzare impuniti utilizzando impropriamente il contrassegno di una sola persona disabile (poco importa che si sia prestata a coprire con la propria benevola testimonianza il trucco messo in piedi per anni) non è meritevole di sanzione. Chi se ne importa se per mesi i calciatori, dei quali non faccio neppure il nome perché dovrebbero vergognarsi da soli, hanno magari parcheggiato in uno dei posti migliori del centro cittadino, sottraendo il diritto alla sosta a una persona disabile “vera”. Chi se ne importa se a loro tutte le contravvenzioni sono state annullate. Chi se ne importa se nel frattempo i disabili bolognesi sono alle prese con una pedonalizzazione del centro a dir poco discutibile, di fronte alla quale vedono messi in discussione diritti consolidati di circolazione e di mobilità.
La cosa fondamentale è non turbare questi bamboccioni che vivono in una bolla dorata. Proprio ieri me l’ero presa – giustamente, secondo me – con un sito di satira che ha dedicato ampio spazio a scritti a dir poco indecenti nei confronti delle persone con disabilità. Oggi mi accorgo che tutto torna, e che al peggio non c’è mai limite. Tutto è relativo. E diventa perfino difficile distinguere a grana grossa il bene dal male. Solo che anche questa storia, come quel sito di “satira”, non fa ridere per niente.
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