Minori
Bolivia, il diritto di essere figli
Non solo adozione internazionale, anzi: eppure l'impegno degli enti autorizzati nella cooperazione internazionale raramente viene raccontato. In Bolivia AiBi è presente in sette istituti, dove sono accolti quasi 300 minori: nei primi sei mesi del 2024, 35 bambini sono rientrati nella loro famiglia e 8 sono stati adottati da famiglie del paese. L'impegno di AiBi per realizzare il diritto di ogni bambino ad essere figli
«Il diritto supremo di un minore è di essere figlio e avere una famiglia». Ad affermarlo è Marco Griffini, presidente AiBi – Amici dei Bambini, l’organizzazione non governativa costituita da un movimento di famiglie adottive e affidatarie che da quasi quarant’anni lavora ogni giorno al fianco dei bambini ospiti negli istituti di tutto il mondo per combattere l’emergenza abbandono.
In Bolivia gli operatori AiBi sono presenti in sette orfanotrofi e portano avanti diverse attività per reintegrare i minori nelle loro famiglie o, laddove non sussistano le condizioni, supportare l’adozione nazionale. Negli ultimi sei mesi, grazie al progetto di cooperazione internazionale “Oltre il Nido – intervento multi-dimensionale a favore dei minori vulnerabili”, cofinanziato dalla Commissione per le adozioni internazionali e dai sostenitori del progetto “Sostieni a distanza i bambini di un orfanotrofio in Bolivia”, su un totale di 299 bambini accolti nei sette orfanotrofi seguiti da Ai.Bi. sono stati 66 i minori che hanno lasciato la struttura. Di questi, 35 sono rientrati nelle famiglie di origine e 8 hanno trovato un nuovo nucleo familiare che li ha adottati.
Il progetto, iniziato a novembre 2023 e della durata di 18 mesi, si sviluppa in cinque dipartimenti della Bolivia: La Paz, Cochabamba, Tarija, Oruro e Santa Cruz. Griffini spiega che «il sistema di protezione dei minori in Bolivia negli ultimi anni ha subito importanti cambiamenti. La de-istituzionalizzazione, ossia il reinserimento dei minori soli in una famiglia, è ormai un concetto ampiamente riconosciuto e nessun centro di accoglienza è più considerato un luogo ideale per la crescita di un bambino. Il nostro primo obiettivo è quello di ricongiungere i minori abbandonati alle loro famiglie d’origine perché è importante ricordare che l’adozione internazionale è considerata sussidiaria e può avere luogo soltanto se nel paese d’origine sono falliti tutti i tentativi per permettere al minore di rientrare nella sua famiglia d’origine o se non è stato possibile trovare, nel paese d’origine, una famiglia d’accoglienza idonea».
È importante ricordare che l’adozione internazionale è considerata sussidiaria e può avere luogo soltanto se nel paese d’origine sono falliti tutti i tentativi per permettere al minore di rientrare nella sua famiglia o se non è stato possibile trovare, nel paese d’origine, una famiglia d’accoglienza
Marco Griffini
Restituire ai bambini il diritto a una vita familiare
Cercare di ricostruire la storia dei bambini che sono in orfanotrofio è molto difficile perché come spiega Griffini: «la maggior parte di loro è stata abbandonata senza neanche essere mai stata registrata all’anagrafe. Per ogni bambino viene creata una “scatola della memoria” nelle quale mettiamo tutto quello che ritroviamo: le foto, le pagelle e piccoli oggetti. Se le ricerche, portate avanti dai nostri operatori insieme alle autorità locali, ci conducono alla famiglia d’origine del minore si passa a capire se si può attuare una ricongiunzione familiare. La povertà dei genitori è la causa principale dell’abbandono e per questo il nostro impegno è anche quello di aiutarli a trovare un lavoro».
Ma l’opera di AiBi non finisce nel momento in cui il bambino torna in famiglia perchè, prosegue Griffini «dopo il reinserimento continuiamo a monitorare la situazione per evitare che si verifichino nuovi abbandoni. Il monitoraggio delle famiglie è un’intervento importante che facciamo in tutti i paesi in cui operiamo».
Il dramma degli adolescenti non adottati
Purtroppo in Bolivia l’assenza di politiche di supporto continuativo per le famiglie da parte delle istituzioni rende difficile garantire la stabilità delle adozioni nel lungo termine. Il problema è ancora più evidente per gli adolescenti che spesso, prima di rientrare in famiglia hanno trascorso molti anni in istituto. In questi casi, se il reinserimento avviene senza risolvere i problemi familiari che avevano portato ad abbandonare il minore, il risultato è una situazione potenzialmente instabile. Prova ne è il fatto che l’8% delle adozioni nazionali e il 5,7% dei ricongiungimenti familiari non ha successo.
Il 35% dei bambini che, negli ultimi sei mesi, ha lasciato un’istituto boliviano non è stato, invece, né adottato né reintegrato in famiglia. Questi minori sono stati trasferiti in un altro centro o sono usciti dal sistema di protezione al raggiungimento della maggiore età. La possibilità di adozione per questi ragazzi diminuisce sensibilmente con l’aumentare dell’età, come dimostrato dall’incremento nei trasferimenti.
«A 18 anni i ragazzi escono dalla tutela dello Stato», spiega Griffini: «questo è un grande problema perché sono ragazzi che sono stati sempre in un istituto e non sono capaci di auto-gestirsi. In questi casi il lavoro dei nostri operatori è quello di prepararli già dall’età di 12 anni all’uscita dall’istituto per un rientro in società meno traumatico: gli insegniamo a fare la spesa, a cucinare o a cercare un lavoro quando saranno più grandi. Creiamo case dove potranno stare dopo l’uscita dall’orfanotrofio. Quello degli adolescenti non adottati è un dramma in tutti i paesi del mondo perché si trovano soli in balia di se stessi. Questi ragazzi si portano dietro il trauma irrisolto dell’abbandono, sono soli per le strade delle città e finiscono vittime di depressione, dipendenze e cattive compagnie».
L’adozione di bambini più grandi comporta sfide sempre più complesse per le famiglie e diventa essenziale offrire supporto prima, durante e dopo il processo per sostenere le famiglie e per evitare fallimenti.
In apertura alcuni bambini di un orfanotrofio in Bolivia giocano in cortile con gli operatori Marco Griffini, presidente (Foto Aibi)
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.