Non profit

Bocciati gli emendamenti. Ma non è una sorpresa

Ampiamente prevedibile, dice il nostro esperto. Il problema, semmai, è un altro...

di Gabriella Meroni

La notizia è che sono stati respinti, mercoledì 28 e giovedì 29 al Senato, in Commissione Bilancio, alcuni emendamenti di maggioranza e opposizione che miravano a introdurre in Finanziaria il 5 per mille. In conseguenza di ciò, sono scattare le proteste del Pd e del Forum del terzo settore, che in un duro comunicato ha parlato di «Grave preoccupazione» e «tradimento» rimarcando il fatto che «oggi si cancella lo stesso strumento di sussidiarietà fiscale». Vita.it ne ha parlato in questo articolo.

Su questo argomento non mancano però le voci di segno diverso. Vita.it ha raccolto quella di Carlo Mazzini, consulente, grande esperto di non profit nonché blogger (www.quinonprofit.it). A lui abbiamo chiesto se il 5 per mille è veramente morto: «Assolutamente no», risponde Mazzini. «La bocciatura delle proposte di emendamenti sul tema tanto caro al non profit, non è altro che il frutto di una logica lineare che il Ministro Tremonti ha ampiamente esposto».

Quale sarebbe?

Carlo Mazzini: «Il ragionamento del Ministro – che possiamo apprezzare oppure no – è che i soldi del 5 per mille devono essere prelevati (stanziati) dal malloppo incassato con lo Scudo Fiscale. Se i senatori propongono – come è successo – di coprire il costo della misura con altre poste di bilancio, il Governo affossa gli emendamenti».

Ma secondo lei è corretto utilizzare i “soldi sporchi” dello scudo per il 5 per mille?

Mazzini: «Il reato più leggero riferibile a quei soldi è l’evasione fiscale, è vero, ma a mio avviso non è una questione di etica, come rilevato da alcuni indignati speciali. I beni confiscati alla mafia, vanno agli enti non profit, vero? C’è qualche organizzazione che non accetta questi beni, perché frutti di reati? Non mi risulta».

E allora dov’è il problema?
Mazzini: «Il problema è che hanno ragione coloro che ritengono che una misura come il 5 per mille non dovrebbe essere coperta da una disposizione “una tantum” quale è lo scudo fiscale, in quanto il 5 per mille, se fossimo un paese velatamente normale, si finanzierebbe direttamente dalle entrate Irpef, dalle imposte versate dai cittadini. Questo è il senso della norma, come rammentato anche dalla Corte Costituzionale tre anni fa. Il fatto che così non sia, che ogni anno cioé si debbano cercare risorse per coprire una misura in realtà già “naturalmente” coperta, è perchè il 100% dell’Irpef è già impegnato in altre spese dello Stato, e quindi bisogna andare a riprendere quella quota (corrispondente peraltro solo al 60 – 70% del 5 per mille) da qualche altra parte.

La conclusione?
Mazzini: «Un suggerimento non richiesto: indigniamoci nella direzione corretta».

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