Politica

Bobba: «Non condivido la sua scelta»

di Antonietta Nembri

«Sono sinceramente dispiaciuto per la scelta di Paola Binetti di lasciare il PD. Ho condiviso con lei l’inizio della nostra esperienza politica, quando Francesco Rutelli, nell’aprile 2006, ci volle nelle liste della Margherita per il Senato.
Anche se le nostre storie personali e associative erano alquanto diverse, abbiamo cercato di rappresentare dentro le istituzioni e nella vita politica quei valori e quelle istanze che avevamo maturato nel campo sociale e professionale.
Ora la nostra appartenenza politica ci differenzia, ma resta il percorso – comune anche con altri (Calgaro, Carra, Lusetti, Mosella) che hanno scelto di passare all’API di Rutelli o all’UDC – nell’associazione PeR-persone e reti che insieme abbiamo fondato nell’ottobre del 2008. Un tentativo di mantenere aperto un dialogo fecondo tra chi milita nel campo politico e chi si dedica  al’’impegno sociale o professionale.
Non di meno l’uscita di Paola Binetti rappresenta una perdita per il PD, così come lo sono state quelle di altri deputati o senatori. Questo stillicidio di uscite dovrebbe interrogare tutti coloro che non ho rinunciato a credere in un grande partito democratico, nazionale, popolare e riformatore.
Pur comprendendo le ragioni della scelta di Paola Binetti, non le condivido,in quanto ritengo che gli spazi di azione dentro al PD non siano del tutto consumati e che lì bisogna cercare di far valere le proprie convinzioni. Se è vero che la goccia che ha fatto traboccare il vaso nella scelta della Binetti è stata la candidatura della Bonino nel Lazio, bisogna pur dire che non esiste solo il Lazio. Da dirigente piemontese del PD, rivendico che qui si sta creando un laboratorio forse di portata nazionale, dove il PD guida saldamente la coalizione con la candidatura della presidente Mercedes Bresso, ha stretto un’alleanza strategica con l’UDC e con l’API e sta cercando una sintesi con tutte le altre forze alleate. Un esempio, diversamente da quello che è accaduto nel Lazio, di un PD che non rinuncia alla vocazione maggioritaria senza per questo inseguire una improbabile autosufficienza”.


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