Economia

Bobba: caro non profit se non ora quando?

Nel secondo giorno del Festival del volontarito a tema il lavoro e l'impresa sociale. Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del lavoro e delle politiche sociali dice: “Non è più accettabile una visione marginale del non profit le sfide sono tante. Due le opportunità, impresa sociale e servizio civile per scrivere pagine nuove”

di Stefano Arduini

Il secondo giorno del festival del volontariato di Lucca ha salutato l'intervento del sottosegretario al Lavoro Gigi Bobba che è intervenuto a uno dei più partecipati dibattiti della giornata, quello intitolato Liberare il lavoro. Dal servizio civile all'impresa sociale: le azioni possibili per far crescere l'economia civile. Dopo l'introduzione del moderatore Paolo Venturi e l'intervento del professor Luigino Bruni (“le imprese capitalistiche faticano ancora a riconoscere la gratuità come elemento fondante del lavoro”), il dibattito è entrato nel vivo con lo statistico Nereo Zamaro che ha anticipato alcuni dati che l'Istat rilascerà pubblicamente il prossimo 16 aprile a Roma. “Nel quadro di un terzo settore che ha dimostrato una grande vitalità e capacità di crescita pur in un periodo di crisi, ci sono settori che sono andati oltre al benchmark”.

Quali? “Quelli del microcredito, dell'equosolidale, dell'autocostruzione e dell'Housing sociale, del consumo critico e infine quello delle banche del tempo”. I primi tre, ha rilevato il sottosegretario Bobba “non a caso sono alcuni dei quattro nuovi settori che vogliamo inserire nell'ambito della riforma della legge sull'impresa sociale”.  Come dire, il non profit sta cambiando faccia e occorre che anche le istituzioni ne traggano le conseguenze. “sopratutto quando parliamo di lavoro” ha proseguito Bobba, “non è più accettabile una visione marginale del non profit”. D'accordo, ma questo in pratica che conseguenze politiche comporta? Ancora Bobba: “significa per esempio portare dentro le aziende il modello partecipativo come previsto dal comma 180 della legge di Stabilità, significa pensare a imprese di comunità che si occupino di beni comuni come l'acqua perchè non esiste nessuno che abbia più interesse nella sua gestione se non gli stessi cittadini-consumatori, significa infine concepire le organizzazioni del privato sociale non come opere assistenziali da sostenere a piè di lista, ma imprese in grado di sostenersi anche economicamente”.

Un'immagine del dibattito al Festival del Volontariato

 

Quindi quali politiche da mettere in campo? “L'impresa sociale e il servizio civile universale sono due direzioni da prendere, anche perchè è l'Europa che ce lo indica. Ormai il secondo welfare vale il doppio di quanto i comuni impegnano nel sociale, perchè allora non pensare a farmacie, ma questo è solo un esempio fra i tanti possibili, gestite in modo low profit da un soggetto che non sia né il pubblico, né la classica impresa for profit”. Rispetto al servizio civile poi “abbiamo una grande occasione che è quella della Garanzia Giovani, che va assolutamente colta”. “Anche perchè”, ha concluso il sottosegretario “altrimenti le risposte ai tantissimi bisogni sociali emergenti la daranno altri, la daranno le imprese for profit”.

Come dire: caro non profit carpe diem. Del resto fra quanto anni avremo contemporaneamente al Governo un premier, Matteo Renzi (atteso qui a Lucca per domani pomeriggio per un'intervista pubblica con il direttore di Vita, Riccardo Bonacina) che dice che il terzo settore deve essere il primo, un ministro del Lavoro che arriva dal mondo della cooperazione (Giuliano Poletti) e un sottosegretario made in non profit come lo stesso Luigi Bobba?

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