Famiglia

Blitz della Digos. Nove arresti a Milano

Nell'ambito dell'inchiesta condotta dal pm Dambruoso sulla cellula italiana di al-Qaeda, nove persone sono finite in carcere con l'accusa di favoreggiamento

di Ettore Colombo

Procuravano passaporti falsi ai fondamentalisti islamici che cercano riparo in Italia: è questa l’accusa che pende su nove persone finite in manette a Milano nella quarta ondata di arresti chiesta dalla procura lombarda nell’ambito dell’inchiesta contro la presunta cellula italiana di al-Qaeda. I documenti falsificati potrebbero essere stati utilizzati anche da alcuni degli attentatori dell’11 settembre e verranno confrontati ora con quelli nelle mani dell’Fbi. Nel mirino c’è ancora quella base logistica dei terroristi capace, secondo gli inquirenti, di fornire in Italia ospitalità, documenti falsi e auto rubate agli estremisti. Contro questa cellula il pm Stefano Dambruoso ha già istruito alcuni processi che hanno portato anche alle prime, lievi condanne. Tra gli indagati dell’ultimo blitz sono finite anche persone già condannate.
Le altre misure riguardano 6 marocchini, un tunisino, un rumeno e un personaggio ancora latitante. Due italiani invece sono indagati a piede libero. Si tratta di un salernitano, accusato per la falsificazione dei documenti e un pavese, sotto inchiesta per traffico di auto rubate. Al centro dell’inchiesta ci sono due fratelli marocchini Said e Mohammed Kazdari. Condannati a un anno e 10 mesi di carcere, appena tornati in libertà, avevano già ripreso la loro attività di falsificatori, forse in un appartamento nella zona di via dei Missaglia. Ma come hanno lasciato il carcere sono stati tenuti sotto osservazione. Nella stamperia dei fratelli Kadzari, situata in via Saponara, sono stati trovati centinaia di passaporti ancora in bianco e diversi timbri.
La banda è in realtà una “banda tecnica”: l’attività di falsificazione non era diretta esclusivamente a fornire copertura a terroristi. Ma nel corso dell’indagine è emerso che alcuni passaporti potrebbero essere stati richiesti da membri della cellula italiana legata ad al Qaeda. In particolare avrebbero fornito passaporti a Ben Kemais, il presunto leader dell’organizzazione di Gallarate. E non viene esclusa neanche un’ipotesi inquietante: i passaporti potrebbero essere stati usati dai terroristi che portarono l’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre scorso.
Ma l’operazione non riguarda solo Milano. Quattrocento permessi sono stati sequestrati in varie perquisizioni eseguite tra il capoluogo, Melegnano, Cinisello Balsamo, Como e Sesto San Giovanni. Sempre con un terribile sospetto: che la base milanese fosse davvero uno delle centrali di “smistamento” più importanti per al-Qaeda. Al centro dell’attenzione ci sono ancora quelle intercettazioni che hanno interessato anche i colleghi americani dell’Fbi in cui si parlava di “documenti che servono per i fratelli che vanno in America”. E in cui si faceva riferimento, prima dell’11 settembre, a un’operazione “terrificante” da realizzare “con gli aerei” proprio negli Usa.
“Negli Stati Uniti questi elementi sarebbero stati sufficienti a contestare anche l’accusa di terrorismo”, sostengono gli inquirenti. Che dicono di avere un solo obiettivo: “Fare terra bruciata intorno a coloro che possono aver avuto rapporti anche indiretti con al-Qaeda”.

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