Politica

Bitcoin, la moneta virtuale che spaventa la Bce

È la più diffusa nel mondo web. Inventata da un misterioso giapponese, ha avuto una rivalutazione boom. A causa della crisi di Cipro

di Giuseppe Frangi

È la moneta del momento: nel febbraio 2011 veniva scambiata a 4,15 euro, oggi ne vale 109 (quotazione del 3 aprile scorso). È il bitcoin che come spiega uno dei suoi sostenitori, «è una moneta virtuale, crittografica, che opera senza banca centrale, senza intermediario, controllata da un algoritmo pubblico. Le banche sono inutili nel 90% delle transazioni, è l’ora di dar vita a un sistema parallelo». Come ha raccontato Hugo Rifkin su The Spectator, a marzo «ho comperato 100 sterline (117 euro) di Bitcoin, due settimane dopo valevano 184 euro, oggi, 9 aprile valgono 250».

La Bce nell’ottobre 2012 aveva pubblicato un rapporto sulle monete virtuali arrivando alla conclusione che non rappresentano rischi per la stabilità dei prezzi, sin tanto che non allargano troppo la loro penetrazione. Anzi possono rappresentare «fenomeni positivi in termini di innovazione finanziaria e come alternative per i pagamenti» a favore dei consumatori.

Ma ora il rialzo vertiginoso del Bitcoin comincia a inquietare le autorità. Secondo l’agenzia France Presse, il rialzo potrebbe essere stato originato dagli investitori «russi e ciprioti che hanno cercato di comperare bitcoin per proteggersi dalla crisi finanziaria di Cipro». E anche in Spagna ci sono risparmiatori che cercano di proteggere i loro soldi, comprando Bitcoin di fronte alle incertezze della crisi.

I sostenitori del bitcoin ovviamente hanno guardato con sospetto  a queste manovre che rischiano di normalizzare la “loro” moneta. A dicembre Ouishare, un piattaforma francese di economia solidale, denunciava «un vero colpo di mano» da parte di un start up d’Oltralpe, Paymium. Infatti, contravvenendo a una delle caratteristiche base della moneta, hanno lanciato Bitcoin central, con un pagatore online.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.