Economia

Biologico sì, bma made in Italy

di Redazione

M arco Camilli non ha dubbi:«Si è capito che l’ambientalismo riguarda tutti e questo è un bene». A chi gli chiede se l’eco-fervore spiazzi i tradizionali partiti verdi, Camilli, produttore che è a capo dell’Associazione produttori agricoli biologici del Lazio, legata a Coldiretti, risponde allargando lo sguardo addirittura oltre i confini nazionali: «Grazie a questa nuova e trasversale sensibilità si raggiungono risultati che prima non si raggiungevano. Se si pensa che adesso il tema ambientale e quello energetico sono anche nella campagna elettorale dei repubblicani americani…». Una preoccupazione che comprende la sicurezza alimentare e che è certamente suggerita da quello che sta succedendo al pianeta, ma in qualche modo imposta dai consumatori, divisi – per dirla con Camilli – «fra timore delle catastrofi e desiderio di salubrità».
Da questo punto di vista il prodotto bio – la filiera corta, il km zero, la qualità e il legame con la stagione e i territori – sono fattori importanti. Necessari, aggiunge il produttore, ma non sufficienti: «Dobbiamo puntare a ottenere da Bruxelles un marchio nazionale di agricoltura bio, anche per scongiurare il rischio che siano utilizzati gli ogm e che quindi sia messa a rischio la fiducia che questo settore ha ottenuto da parte dei consumatori. Sarebbe utile anche per evitare che prodotti coltivati altrove siano importati e trasformati in Italia con il marchio bio: sono “sani” ma quanto inquinamento producono?».

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