Cultura

Bioetica: torniamo a un presunto diritto di vita e di morte sui figli

Pubblichiamo il commento di Adriano Pessina, del Centro di bioetica dell'Università Cattolica, alle ultime sperimentazioni sugli embrioni

di Redazione

L?ennesimo esperimento su esseri umani allo stadio embrionale, studiati e poi distrutti, testimonia come stia lentamente cadendo la barriera culturale e morale che ci impediva di trattare i nostri simili, fossero pure allo stadio di poche cellule, come puro materiale biologico.

L?opinione pubblica viene emotivamente coinvolta in una valutazione ora solleticando fantasie di mostri, ora evocando affetti legati alla possibilità di dare figli sani a coppie segnate da malattie genetiche. Due impostazioni che impediscono di comprendere qual è la vera posta in gioco e cioè il fatto che queste tecniche stravolgono alla radice il significato antropologico della generazione umana e introducono l?idea che esista una sorta di diritto a programmare e manipolare geneticamente i propri figli, in nome della loro salute.

L?idea che si possa generare qualcuno con riserva, cioè riservandosi poi di farlo sviluppare o no, in base ad un controllo di qualità biologica effettuato da tecnici di laboratorio, sembra essere la riedizione di un arcaico diritto di vita e di morte sui propri figli: presunto diritto che è stato e continua ad essere esercitato.

Si deve peraltro notare che questo esperimento è stato autorizzato persino in chiaro dispregio alla Convenzione di Oviedo che afferma: ?Quando la ricerca sugli embrioni in vitro è ammessa dalla legge, questa assicura una protezione adeguata all?embrione? e ancora ?La costituzione di embrioni umani a fini di ricerca è vietata?. Le varie carte dei Diritti si trasformano in diritti di carta laddove ci sono soggetti
che non sono in grado di rivendicarli e farli rispettare perché non ne hanno le condizioni, a motivo del loro sviluppo o della loro precaria salute, fisica o mentale.
Ci si rende conto di quanto sia fragile la logica dei diritti in un contesto liberale che manca di un ethos
capace di renderli prassi quotidiana: alla fine i diritti e le procedure neutre di una democrazia formale finiscono con il tutelare soltanto coloro che sono in grado di far valere i loro diritti e in caso di conflitti continua a prevalere, di fatto, il diritto del più forte. Gli sviluppi della ricerca scientifica e le possibilità di manipolare le strutture biologiche di un essere umano nelle fasi più delicate del suo sviluppo richiedono una nuova coscienza morale, una diffusa consapevolezza delle responsabilità che l?estensione del nostro potere tecnologico ci impone.

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