Famiglia

Bioetica: in Europa staccato respiratore a un paziente su 3

Lo ha rivelato un esperto oggi alla Camera

di Gabriella Meroni

Uno studio condotto su 31mila pazienti ha rivelato che in Europa circa il 15% dei malati ammessi in terapia intensiva, principalmente per insufficienza respiratoria acuta, ”riceve una decisione di fine vita da parte del personale ospedaliero”. L’astensione dalla ventilazione in caso di crisi viene praticata, invece, nel 38% dei casi e la sospensione della ventilazione nel 33% dei casi. Lo ha reso noto Stefano Nava, primario responsabile dell’unita’ di riabilitazione pneumologica presso la Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, audito questa mattina dalle Commissioni Affari Sociali e Giustizia della Camera sul tema dell’eutanasia. A seguito del caso Welby si e’ molto discusso in questi mesi della sospensione della ventilazione che, ha sottolineato l’esperto ”non e’ considerata eutanasia secondo gli standard della comunita’ scientifica ed e’ pertanto pratica comune, come dimostrano i dati”. Il 90-95% delle persone che sopravvive a una crisi respiratoria viene definitivamente liberata dal supporto meccanico di ventilazione. Sono, tuttavia, 28mila i pazienti che, a seguito di traumi o di malattie croniche, vengono ventilati a domicilio, cioe’ hanno bisogno di avere in casa un respiratore piu’ o meno invasivo per vivere. Di questi 2.200 abitano in Italia, la maggioranza dei quali, circa il 60%, respira attraverso l’ausilio di maschere nasali o facciali, mentre gli altri attraverso l’intubazione. ”Trattandosi di terapia – ha precisato l’esperto con i commissari – la pratica di sospensione della ventilazione e’ paragonabile al soggetto nefropatico che decide la sospensione della dialisi o del malato di tumore che, a causa degli effetti collaterali, esige la sospensione di una chemioterapia che ragionevolmente puo’ allungare la sopravvivenza”.


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