La bottiglia di “plastica vegetale”Se si cerca una storia industriale esemplare, in Italia e in Europa, degli ultimi anni, non si sbaglia raccontando il percorso dell’azienda Fonti di Vinadio. Nato nel 1996, il marchio piemontese in poco più di dieci anni ha portato l’Acqua Sant’Anna, una delle poche non in mano alle multinazionali del settore, a guidare il mercato italiano con la quota del 13%, affermandosi come una delle cinque acque più vendute in Europa.
Primo artefice di tutto è Alberto Bertone, l’imprenditore torinese che ha puntato fin da subito su innovazione, tecnologia e, soprattutto, rispetto dell’ambiente, probabilmente aiutato, nel farlo, dallo scenario dei 1660 metri di quota delle Alpi Marittime da cui sgorga la fonte del’acqua e dal Santuario dedicato a Sant’Anna che dal 1400 attira schiere di pellegrini. Visti i tempi che corrono, però, è lecito chiedersi se veramente sia possibile conciliare un’industria da 750 milioni di bottiglie vendute in un anno e 180 milioni di euro di fatturato, con il rispetto dell’andamento naturale di un luogo incantevole e sacro. E se come risposta valgono gli emissari di Coca Cola, Heineken o altri colossi del settore arrivati a Vinadio in un ben più laico pellegrinaggio per capire come una sconosciuta azienda abbia potuto conquistare in breve un mercato tanto competitivo, qualcosa di effettivamente singolare deve nascondersi nei monti della Valle Stura.
«Nessun miracolo», spiega Bertone, 43 anni e un passato nell’azienda di famiglia nel settore edilizio. «Solo tanto lavoro e le intuizioni giuste». Come quella, si diceva, di cercare di adattare la nuova azienda al contesto circostante e non viceversa. «Abbiamo costruito il capannone interamente in legno, materiale della tradizione locale oltre che ottimo isolante termico. Abbiamo eliminato del tutto il riscaldamento, incanalando il calore prodotto dalle macchine necessarie alla produzione e portandolo attraverso dei condotti negli ambienti più freddi. Abbiamo eliminato l’inchiostro utilizzando il laser anche per incidere i numeri di serie sulle bottiglie». In più, a Vinadio, hanno pensato di sfruttare tutto il potenziale tecnologico di oggi per questo obiettivo, esempio ne sono i 28 veicoli a guida laser che gestiscono il magazzino. Oltre a garantire una precisione del 99,5%, questi veicoli aumentano la sicurezza sul lavoro eliminando incidenti alle persone e danni alle cose e non inquinano perché funzionano a batterie ricaricabili.
Detto questo, non si pensi che Bertone sia una sorta di messia dell’ecologia, perché prima di tutto lui è un manager e, come tale, alla fine dell’anno deve “tirare una riga” e mettersi a fare i conti: «Tutto è stato fatto nella prospettiva di ottenere un margine economico, altrimenti qualsiasi progetto non sta in piedi», precisa. Ciò non toglie, però, che le due politiche possano convivere. Un discorso che vale anche per quello che è il fiore all’occhiello dell’azienda Fonti di Vinadio: la Bio Bottle, ovvero una bottiglia ottenuta senza utilizzare una sola goccia di petrolio: «È derivata unicamente da zuccheri presenti nei vegetali, così da avere un prodotto con le caratteristiche di purezza del vetro e i pregi di maneggevolezza e praticità della plastica. Inoltre, una volta utilizzato, si può buttare insieme ai rifiuti organici e, grazie all’azione dei microorganismi presenti in discarica, della bottiglia non rimane traccia nell’arco di 8 settimane». Una vera e propria rivoluzione. Un progetto che, oggi, dal punto di vista strettamente economico non dà ancora vantaggi: «Ci sono tante difficoltà», spiega Bertone, «come quella di reperire solo negli Stati Uniti il materiale necessario alla produzione delle bottiglie. La possibilità di importare tecnologia e brevetti anche in Europa ci sarebbe, ma al momento i numeri sono troppo bassi per pensare di farlo». Il risultato è che anche il prodotto finale ha costi non competitivi con il resto dell’offerta: «In questo campo non è stata fatta alcuna politica favorevole. La grande distribuzione stessa non ha interesse a incentivare la vendita di questi prodotti. Qualcosa, però, si sta muovendo», precisa Bertone, «specie legandosi al tema della salute: la Bio Bottle, avendo un’origine del tutto naturale, mantiene inalterate le qualità dell’acqua, e questo ha sicuramente una bella presa sul pubblico. Perché fin che si parla di sostenibilità ambientale tout court, a parole siamo tutti favorevoli, ma quando ci si trova a dover spendere anche solo un euro in più in tal senso? bisogna vedere chi è disposto a farlo».
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