Famiglia

Bimbo mio, quanto mi costi

«Crescere e far studiare i figli è diventato un onere economico insostenibile» dice Massimo Livi Bacci. «Ma gli incentivi non servono. Meglio armonizzare i tempi di vita»

di Giampaolo Cerri

Massimo Livi Bacci è il più autorevole demografo italiano. Uno degli esperti chiamati da Prodi a consulto sul problema della denatalità. Un trend che si può invertire? «Difficile immaginare interventi capaci di produrre effetti in tempi brevi», risponde il professore, «che non potrebbero avere la portata e la complessità necessaria per essere avvertibili dalle famiglie. Sia per la contingenza economica avversa, sia perché le cause di questa tendenza sono diverse e non solo di ordine economico».

Cosa c?è dietro il nostro ?inverno demografico?, peraltro condiviso da una buona parte dell?Europa? «E? aumentato il peso economico della crescita e dell?istruzione dei figli», spiega Livi Bacci, «la donna-lavoratrice ha meno spazi di tempo, così allevare i figli diviene comparativamente più costoso».
Bisognerebbe alleggerire i pesi, ridurre i costi. Ma il demografo fiorentino diffida della politica dei premi in danaro: «Sono pericolosi», avverte. «Non si ?compra? un figlio con l?incentivo economico, a mo? di campagna sulla rottamazione». Le leve da utilizzare sono piuttosto quelle del fisco, riequilibrando i carichi familiari, o delle infrastratture che servono alla famiglia. Qualche esempio? «Più asili nido», risponde Livi Bacci, «tempi della società (scuola, trasporti, vacanze) più armonici».

Fra le ragioni dello ?baby-sboom?, Livi Bacci individua anche un fattore culturale: «l?assimmetria dei ruoli di padre e madre nell?allevamento dei figli». È la donna, già oberata di impegni lavorativi e domestici, ad occuparsi prevalentemente dei bambini e la situazione diventa pesantissima. «Ma cosa può fare un governo», si chiede il demografo, «salvo esprimere generiche raccomandazioni?».

Il vero nodo, secono lo studioso fiorentino, sono le dinamiche giovanili. «Oggi i figli sono a carico della famiglia fino ai trent?anni», ricorda, «e i costi che ne derivano sono scoraggianti».

In Italia infatti si termina il ciclo scolastico più tardi che altrove, ci si laurea ormai a ventisette anni, altri ne occorrono per insersi nel mondo del lavoro. «Se una donna comincia la sua vita familiare e professionale così tardi», osserva, «si scontra con il limite biologico (o psicologico) dei 40 anni per avere figli». Per Livi Bacci è qui che può davvero incidere una politica demografica: «Occorre tentare di accorciare o ?dinamizzare? la società dei giovani, rendendoli autonomi prima».

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